La dieta si fa contenendo le quantità non la qualità

7 dicembre 2008

Pitte di Tino

Non ci chiedete l'etimologia di questo nome, sappiamo solo dire che è per noi una delle cose più buone che si possa mangiare. Hanno il sapore delle cose buone, che le nonne e le zie, che non avevano ancora figli loro, le cugine molto più grandi preparavano a noi, inquieti nipotini, che nelle giornate di gran festa non si toglievano da torno mentre loro erano affaccendate a preparare il pranzo e particolarmente la pasta, allora, per tenerci buoni gli promettevano:
" .....LE PITTE DI TIN' ...!!!"
Altro non erano che un po' dell’impasto di acqua e farina con cui stavano facendo i rasckatelli (qualcosa tra l'orecchietta e gli strascinati (clicca per ricetta), si fanno trascinando la pasta con l'indice coricato di lato), la pasta veniva tirata in un lungo e grosso spaghettone, formata a otto, schiacciata con il mattarello e fritta in olio di oliva, un pizzico di sale completava l'opera. Il condimento che li rendeva meravigliosamente buoni e premianti era la nostra ingenuità e l'amore con cui ce li promettevano e ce li donavano.
Ringraziamo la cugina Lucia, che ci ha ricordato questa leccornia.
Qualcuno ha provveduto a non farci rimanere nell'ignoranza e farci conoscere l'etimologia di "Pitte di Tino":
  • Pitte sta per Pizze, ha la stessa origine araba;
  • Tino, è una forma dialettale per chiamare il tegame o la padella, ma potrebbe anche essere il nome di una persona. Al sud era molto in uso i diminutivi Tina, Tino, Titina, Titino derivanti da vari nomi più o meno assonanti come Santa, Santo, Donata, Donato, ecc... ecc.... Se i nomi, assegnatici dai genitori ed impostici dal prete, servivano a distinguerci i diminutivi servivano confonderci, da centinaia di nomi, già pochi perché poi in una certa area se ne concentravano una decina o poco più, quelli erano i santi oggetto di particolare devozione nel circondario, ancora meno e molto ricorrenti erano i diminutivi ed allora veniva in aiuto il soprannome, non il cognome, perché? Il cognome veniva dall'alto, dall'autorità, era quello usato dal maestro, era quello del militare, il soprannome, se già non lo si aveva di famiglia, cosa quasi impossibile, era assegnato dal gruppo ed era noto ed in uso solo in una cerchia più ristretta di intimi. Diminutivi e soprannomi erano una sorta di anarchia del chiamarsi.

    La forma, uno dei simboli dell'infinito, che ricorre anche in biscotti e taralli lucani, è beneaugurante, probabilmente in questo sta il darlo ai bambini all'inizio del pasto, addirittura prima come spuntino.

    Abbiamo inserito questa preparazione in un piatto unico, alquanto complesso, denominato "Giretto in Lucania".

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