La dieta si fa contenendo le quantità non la qualità

3 dicembre 2011

Pulizia, Sfilettatura e Spellatura del Pesce

La prima operazione la si deve fare dal pescivendolo, acquistando il pesce fresco. Come? Se è possibile il pesce dovete toccarlo, per questo amiamo i mercatini, di solito qui sono meno schifiltosi e ti permettono di mettere le mani. Primo esame a vista: lucentezza generale del pesce, che però è facile camuffare con vari prodotti anche chimici, brillantezza e non infossamento dell'occhio sono i primi indicatori. Secondo esame al tocco: con il dito premete sul corpo del pesce, deve risultare elastico, sparendo immediatamente l'incavo, annusando il dito deve sentirsi un odore piacevole di mare e non di ammoniaca, uno dei prodotti usati per ingannare. Terzo esame al tocco: il pesce se preso per la testa deve mantenersi ben teso ed aprendo le branchie, queste devono essere di un bel rosso sanguigno e vivido, segno che il sangue contenuto è ancora ricco di ossigeno, le branchie sono i polmoni dei pesci, annusandole devono odorare piacevolmente.
Per queste foto abbiamo utilizzato un tonnetto che viene chiamato Alletterato perché sul mantello ha delle macchie che sembrano delle scritte. Per forma, dimensione e consistenza ci è sembrato il più idoneo, ha solo un difetto, quello di essere molto ricco di sangue per cui qualche foto risulterà un po' cruenta, vi assicuro che ne abbiamo dovute eliminare di molto peggio, che avrebbero veramente potuto dare fastidio ma così è, "se si va al mulino ci si infarina" dice un vecchio detto, gli animali se tagliati emettono sangue.

 l'operazione inizia con lo sventramento, l'apertura cioè della pancia, per questa operazione si deve usare un coltello appuntito e piuttosto tagliente. Si procede infilando il coltello nell'evidente orifizio anale e procedendo al taglio fino alla testa.
infilando la mano in questa apertura, non temendo di sporcarsi, si estraggono le interiora, che faranno poca resistenza, restando attaccate nella parte alta da cui andranno tagliate.
Occorre a questo punto lavare profondamente sotto acqua corrente, asportando i residui ed un velo nero, che generalmente tappezza la parete intestinale. Se è un pesce, che, come questo, non va utilizzata la testa, abbiamo finito, se invece è un pesce di cui si utilizza la testa, vanno asportate le branchie, basterà agganciarle con un dito, tirare e lavare per bene. Tra le interiora in alcuni pesci, come la Rana Pescatrice e il Merluzzo, si usa distinguere il fegato che bel lavato, asportandone la cistifellea, la sacca della amara bile, è ottimo da mangiare fritto a parte o aggiungendolo all'eventuale intingolo del pesce. Sempre tra le interiora, specialmente alla fine dell'inverno, è facile trovare le grosse ovaie, anche queste sono eccellenti, se ne potrebbero preparare addirittura delle bottarghe. 
In pesce è ora bello pulito e lavato, possiamo passare alla sfilettatura. Per questa operazione serve un amplio tagliere ed un coltello a lama d'acciaio, lunga, sottile, flessibile e molto tagliente. Non abbiatene paura, ci si taglia molto più probabilmente con coltelli che non tagliano, con questi ci si deve sforzare, spingere e fare cose anomale che ci portano a fare gesti che portano al taglio. Il problema è che con i coltelli taglienti ci si taglia molto meno ma quando accade ci si fa veramente male. In effetti io mi trovo benissimo con un coltello affilatissimo da prosciutto, non è l'ortodosso ma per me è il migliore.
Si pratica innanzitutto un taglio verticale ed obliquo, come si vede nella foto, fino ad arrivare alla spina centrale, partendo molto vicini alla testa.
Poi si piega la lama proseguendo il taglio in orizzontale, sentendo la spina centrale sotto la lama e cercando di interessare con il taglio la parte dorsale del pesce, è la più pregiata, trascurando la parte ventrale, meno pregiata, che o si scarta o si utilizza per fumetti o brodi.
ATTENZIONE non mettete mai le mani avanti al coltello nel senso in cui state tagliando.


Arrivati alla coda si da un taglio ed il filetto è pronto.

Si rigira il pesce, si procede alla stessa maniere ed otteniamo i due filetti.
In qualche pesce con lisca centrale meno lineare di questa, può essere necessario praticare un taglio dorsale come quello che abbiamo praticato al ventre, arrivando alla spina centrale. Per questo può essere preferibile un coltello corto ed a punta, sempre tagliente però.
I filetti vanno ora tolettati, togliendo le spine presenti, aiutandosi con delle pinzetta, esistono quelle apposite, noi ci troviamo benissimo con quelle comuni, presenti in tutte le case per sopracciglia o operazioni simili.
Passiamo ora alla spellatura non necessaria a tutti i pesci, con la punta di un coltello sempre molto tagliente si comincia a staccare la pelle dalla polpa fino ad ottenere un lembo che possa essere saldamente afferrato tra le dita, a questo punto tirare ed aiutandosi sempre con il coltello vedrete che l'operazione risulterà piuttosto semplice.


Si procede ora al recupero di tante parti di polpa che sarà rimasta attaccata alla spina, alla base della testa, alla pelle, ecc... Sicuramente nessun pescivendolo si prende questi fastidi, vi posso assicurare che il mucchietto che si vede dalla foto è stata ottenuta in questo modo e ci è stata molto utile ad ottenere una ricetta di pasta con dadolata di tonno.

Filetti di Tonnetti e Alletterati 
Filetti di Scorfani
Filetti di Triglie
Rana Pescatrice a sx Filetti detti Coda di Rospo

2 dicembre 2011

Vermicelli con le Cicale - Pasta con le Canocchie

Mesi ideali per questo piatto: Novembre, Gennaio, Febbraio, Marzo

Le Cicale, per noi meridionali, in particolare i pugliesi, sono quei crostacei che in italiano si chiamano Canocchie. Termine dialettale l'uno come l'altro, solo che quello settentrionale sembra il vincente, ha preso, come troppo spesso accade, il sopravvento. Perché?
Tanti sostengono, a torto, che le Cicale siano altre, indicando con questo nome le molto più rare Magnose, che addirittura, dimentichi o ignorandone la presenza anche da noi, chiamano anche Cicale Greche.
Stranamente in dialetto tarantino i pugni dati con la nocca del dito medio si chiamano Canocchie, terribili se data "a spruscio", cioè sfiorando, solitamente si danno, meglio si davano, in testa, prendendo anche il nome di Ficozza, forse è una questione di stagione, le prime sono invernali e le seconde estive, al tempo dei fichi, entrambe fanno venire le Panocchie, l'ematoma rigonfio ed evidente, il bernoccolo.
Che ci sia una attinenza con le varie denominazione di questo straordinario dono della natura? Infatti le Cicale non hanno chele, catturano le prede sferrando dei poderosi cazzotti alle malcapitate prede con l'estremità delle grosse, muscolose ed evidenti zampe. Si comportano in effetti come le mantidi religiose, a cui, grossolanamente somigliano.
Il periodo migliore è l'autunno inoltrato e l'inverno, cominciano ad essere buone con il freddo. Al mercato sceglietele vive, prendendole in mano, occhio che il loro pizzico è doloroso, dovrete sentirle pesanti, segno che sono piene. Rigirandole dovranno presentare tre righe bianche all'inizio del corpo, il collo, diciamo, le chiamano "collane", le avrebbero solo le migliori, che dovrebbero essere le femmine. Se non dovessero essere vive, badate bene che non abbiano la testa annerita, come per i gamberi questo sarebbe il segno che sono morte da tempo ed è iniziata la decomposizione degli organi interni.
Se avrete scelto bene avete tra le mani uno dei migliori crostacei che il mare ci possa donare, il suo prezzo è piuttosto contenuto, forse è il più economico dei crostacei, qualche anno fa i pescivendoli di questi tempi usavano regalarne una generosa mangiata a chi aveva fatto una buona spesa. Si possono preparare in vari modi ma la "morte loro" è con gli spaghetti o i vermicelli o le linguine in un sughetto veloce, veloce.

Ingredienti per 4 commensali
un chilogrammo circa di Cicale - otto o dieci cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva 
mezzo bicchiere di vino bianco secco - un mazzetto di Prezzemolo - due spicchi di Aglio 
otto pomodorini Regina conservati appesi - un pizzico di Polvere di Peperoncino Garofalo
tre etti e mezzo di Vermicelli di ottima qualità - quanto basta di Sale grosso e fino


Dare una vigorosa lavata alle Cicale sotto l'acqua corrente e metterle da parte a sgocciolare. Porre a bollire l'acqua della pasta. Tagliare l'aglio a fettine e metterlo a riscaldarsi con l'Olio e la Polvere di Peperoncino in una padella molto capiente, dovremo cuocervi comodamente sia le canocchie che la pasta. Quando l'aglio comincerà a soffriggere aggiungere due o tre rametti sani di prezzemolo, più steli che foglie, e le cicale, alzando la fiamma per una rapida soffrittura, tornate a condimento si sfumano con il vino bianco, evaporato questo saranno cotte quasi del tutto, le solleviamo e nell'intingolo aggiungiamo i pomodorini sani ed un mestolo di acqua calda della pasta, quando i pomodori appassiscono, se ne favorisce la rottura con un cucchiaio di legno. Nel frattempo l'acqua della pasta sarà giunta ad ebollizione, si butta la pasta rimestandola ed attendendo che torni l'ebollizione per aggiungere la giusta quantità di sale, mettiamone anche nel sughetto. 
In questo caso abbiamo utilizzato i Vermicelli " 'E FASULE" n° 10 della Garofalo, che richiedono 14 minuti di cottura, essendo di vera semola di grano duro; dopo una decina di minuti, versiamo la pasta nell'intingolo, spolveriamo ancora con un pochino di Polvere di Peperoncino, togliamo l'antiestetico prezzemolo stracotto, ha ormai dato quel che doveva, e con l'aggiunta di qualche cucchiaio d'acqua facciamo terminare la cottura, rimestando e facendo fare qualche saltino per rivoltarli. Negli ultimi momenti aggiungiamo le Cicale perché si riscaldino.
Alla fine impiattiamo cospargendo una manciata di prezzemolo grossolanamente tritata.
Nel piatto mettiamo anche qualche Cicala.
Sane così non sono facili da mangiare se non si è pratici, il carapace è fornito di aculei che pungono se affrontati nel senso sbagliato. Bisogna spezzarle all'altezza della coda e succhiarle con cautela, ripeto non è facile se non si è pratici. Se si vogliono agevolare i commensali vanno tagliate lungo i bordi ma solo al momento di metterle a scaldare, questo facilita l'apertura del carapace e l'accesso alla gustosissima polpa in essi contenute; gustosa è anche la polpa contenuta nelle due grosse zampe anteriori. Tagliandole prima della cottura si corre il rischio che si aprano e se ne disperda la polpa, che subirà così una cottura eccessiva.


Mi sovviene che quel tipo di pugno che chiamiamo Canocchia (veramente mi hanno corretto, la memoria fa brutti scherzi, è Carocchia ma il raggionamento regge lo stesso, volendo) si chiama anche Perchia, un'altro pesce e, come se non bastasse, anche Caravidd, mi aggiungono dei meno smemorati conterranei.
Come gli eschimesi hanno centinaia di termini per definire il bianco della neve e del ghiaccio, noi abbiamo tantissimi termini per chiamare i pugni! Qualcosa vorrà dire, vi pare?

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