La dieta si fa contenendo le quantità non la qualità

31 ottobre 2011

Faf Spzzutat' Bullut cu l'Areghn - Fave Spuntate Bollite all'Origano


Molti piatti con al centro le fave vengono preparati per il 2 novembre, il giorno dei morti. Questo modo di condirle l'ho trovato sia a Foggia che in Lucania, è molto semplice.
Ingredienti per 4 persone:
tre etti di Fave Secche con buccia - quanto basta d'Olio Extra Vergine di Oliva 
quanto basta di Sale Grosso e Fino - quanto basta di Origano in rametti 
secondo gusti uno spicchio di Aglio

Le Fave si possono lasciare con la buccia sana o si possono "spzzutà", togliere la punta, quella dove c'è il nasello. Come si fa l'abbiamo spiegato qui. Questo determinerà una più rapida cottura, o per meglio dire una meno lenta cottura, dipendente anche dalla volontà di mangiare o meno la buccia. 

Se le fave sono con buccia integra hanno bisogno di un ammollo di almeno una giornata, per le altre basterà una nottata. Al mattino si dà una rapida sciacquata e si mettono in cottura, possibilmente in coccio, coperte da due dita d'acqua. Ad inizio cottura si formerà un po' di schiumetta da asportare, appena inizierà l'ebollizione il fuoco verrà abbassato al massimo, l'importante è che ci sia un minimo accenno di ebollizione. Come generalmente consigliamo, sarà bene tenere un pentolino d'acqua come coperchio del coccio, il perché lo spieghiamo qui. Potranno occorrere più ore per la completa cottura. Quando ormai saranno cotte si effettuerà la salatura secondo i gusti ed un'altra decina di minuti sul fuoco farà ben distribuire il sale.
Quando finalmente saranno cotte si prelevano con una schiumarola le fave che si intende condire in questa maniera, solitamente sono più uno sfizio che un vero e proprio piatto, e le si condiscono con ancora un po' di sale, aglio a pezzettoni per profumare ed essere scartato con facilità, Olio EVO e dei rametti di origano, leggermente strofinati in mano perché cedano in parte semini e foglioline, una dolce rimestata farà il resto.
Solitamente queste fave si mangiano con le mani, schiacciandole e facendone scivolare in bocca il frutto, se non sono spzzutate bisogna dare un morsetto in punta per facilitare l'operazione. Volendo usare le mani qualcuno preferisce non aggiungere olio.
Quando cuciniamo le fave lesse ne facciamo una quantità abbondante per prepararle poi in vari modi, che prossimamente illustreremo. Le Fave, specialmente cotte con la buccia dovrebbero essere riscoperte per le diete moderne, il loro apporto di fibre e sali minerali è quanto mai prezioso.

30 ottobre 2011

Cicerchie a Zuppa

La Cicerchia è un antichissimo legume coltivato in tutto il bacino del Mediterraneo, leggermente tossico. Se ne produceva tantissima essendo forse il legume più facile da coltivare e pur non essendo molto stimato ne' per gusto ne' per qualità, anche in condizioni proibitive, malgrado siccità e/o altitudine, dava comunque buona resa; la larga disponibilità determinava un prezzo basso e quindi un larghissimo e continuo consumo da parte delle classi più povere, favorendo così l’accumulo eccessivo di una sostanza che dà disturbi nervosi, la latiriasi, con possibile immobilità degli arti inferiori, specialmente per le popolazioni che la consumavano anche macinata per farne polenta, focacce e pane da sola o miscelata ad altre farine di legumi e frumenti.
Forse la Cicerchia è stata per Basilicata e Campania quello che è stata la Fava per la Puglia e molta Sicilia, una fonte di carboidrati e proteine di ottima qualità a bassissimo costo. Era anche particolarmente in uso in tutto il Salento, la siccità di queste zone la rendeva preziosa, qui ha conservato nel dialetto l'altro nome greco, riferentesi più genericamente ai legumi rampicanti, Tolica.
Sarà stato il diffondersi della nozione dell’intossicazione o le migliorate condizioni economiche, fatto sta che se ne è abbandonato quasi del tutto il consumo relegandolo a mangime per colombi. Ora, che, ormai, anche l’allevamento dei colombi è finito, la Cicerchia era quasi sparita del tutto. La si è ora riscoperta in questa rivalutazione dei cibi antichi e certo un consumo episodico e in quantità moderne non presenta assolutamente nessun rischio per la salute, anzi resta un’ottima fonte di proteine vegetali, oltre al resto, poi è buona, ha un gusto di antico, dà proprio la sensazione di mangiare quelle cose buone di una volta.
La preparazione è molto semplice, è molto simile alla preparazione di altri legumi come ceci e fagioli. La si mette a bagno in acqua fredda almeno ventiquattro, anche quarantotto, ore prima, cambiando l'acqua due o tre volte, prima di metterla a cottura, si butta l’acqua dell’ammollo, si sciacqua ben bene, questi passaggi in acqua sono indispensabili per allontanare qualsiasi traccia di tossine. Era, probabilmente, il frequente uso di suoi sfarinati, quindi senza lungo ammollo, la principale causa di accumulo della tossina. Solitamente in questa fase si distaccano un po’ di gusci di pelle esterna, che vanno buttati via, quindi si pone a cottura in pentolino possibilmente di terracotta in acqua fredda con uno spicchio di aglio, una cipolla affettata e qualche pomodoro, all’inizio dell’ebollizione sarà bene effettuare una schiumatura ed una ulteriore asportazione di pellicine che si dovessero essere staccate, quindi si abbassa la fiamma in modo da lasciare a cuocere lungamente e dolcemente per almeno due o tre ore. A cottura ultimata si sarà formata una deliziosa cremina brodosa dalle cicerchie che avevano perso il guscio e si sono disfatte con immerse quelle ancora sane ma diventate morbide da essere gustate, qualche minuto prima dello spegnimento vanno salate. Intanto si prepara un intingolo con Olio EVO, Aglio tritato e Peperoncino, lo si fa soffriggere, vi si versano le cicerchie, le si fanno insaporire e poi si gustano con crostini di pane abbrustoliti o fritti con l’aggiunta di una generosa croce d’olio semplice o Olio Santo molto ammorbidito, diluendolo molto. Ottimo è anche l'abbinamento a verdure di stagione, precedentemente sbollentate, ottime, indicate e dal sovente uso sono anche le verdure selvatiche quali bietole, cicorielle, sivoni e zinconi, mischiate spesso tutte insieme.

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Per questo piatto l'intingolo è stato arricchito con cotiche di maiale, diminuendo l'uso dell'olio

27 ottobre 2011

Peperoni ripieni di Mozzarella di Bufala


Ingredienti per 4 commensali:
due etti di Treccia di Mozzarella di Bufala Campana - una cipolla bianca grande 
una dozzina di Peperoni piccoli ed a punta - passata di pomodori - un cucchiaio di burro 
due cucchiai di farina 0 - mezzo litro di latte intero - quanto basta di sale fino 
quanto basta di Pepe Nero macinato - quanto basta di Noce Moscata 
sei cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva 
Cospargere di Olio EVO una decina di Peperoni, puliti del picciolo e dei semi, scegliendo i più rossi o gialli, sicuramente i più maturi. Porli in forno al grill cuocendoli senza bruciarli. Appena possibile spellarli, lasciandoli sani.
Con due cucchiai di olio EVO soffriggere mezza cipolla ed uno o due dei peperoni, preferibilmente verdi, per creare un piacevole contrasto. Preparare una leggera Besciamella. Di seguito vi illustriamo la nostra ricetta.
Riscaldare il latte e separatamente in un tegame sciogliere il burro dolcemente e aggiungere la farina setacciata, girando con un cucchiaio di legno, amalgamandoli e arrivando al punto di doratura, questo composto prende il nome di Rhu, sarà utilissimo quando vorremo inspessire qualche salsa. Aggiungere lentamente il latte tiepido, un poco alla volta, aspettando per la nuova aggiunta che il precedente sia stato incorporato, questo eviterà che si formino i grumi. Far cuocere per un quarto d'ora sempre rimestando ed a fuoco dolce. Fermarsi alla consistenza voluta, tenendo conto che questa naturalmente aumenterà con il raffreddamento.
Con la Salsa di Pomodoro, l'altra metà di cipolla e due cucchiai di Olio EVO preparare un sughetto ben pepato.
Intanto il primo soffritto e la Besciamella si saranno raffreddati, amalgamarli insieme, aggiungendo la Mozzarella sfilacciata. La besciamella potrebbe non occorrere tutta, dipende dalla dimensione dei peperoni, che dovranno essere riempiti dall'impasto. Sistemarli in una pirofila in un unico strato, cospargerli della salsa di pomodoro ed infornare per cinque o sei minuti massimo al momento di servire.


Qui abbiamo guarnito con crostini di pane casereccio, ricoperti da un semplicissimo Paté di Olive dolci del tipo Nolche o Amele. Infornate dopo averle cosparse di sale, aglio tritato e peperoncino, sono state denocciolate prima di una grossolana tritatura con la mezzaluna.

24 ottobre 2011

Pani ca Meusa - Panino con la Milza alla Palermitana circa

Questa nostra, più per spiegare perché e come l'abbiamo fatto che per dirvi come si fa. Se vi interessa sapere come si fa rivolgetevi a siti più adeguati. Noi ne abbiamo fatto una nostra interpretazione con quello che ci trovavamo in casa e con quello che il nostro mercato ci ha messo a disposizione.
Ingredienti per 4 Panini:
tre etti di Farina 00 - un ottavo di tavoletta di lievito di Birra - mezz'etto di Sesamo - 
mezzo chilo di Milza e Polmone di Vitello - quanto basta di Strutto - 
un quarto di Ricotta di Pecora - un etto di Caciocavallo Podolico stagionato - un limone succoso - quanto basta di Sale Fino


Preparare i panini con il metodo del lievitino ed una lunga crescita, al momento di infornarli bagnarne la superficie e cospargerli con il sesamo, come avrete fatto con la superfice sulla quale li andrete ad adagiare in forno.
Intanto la Milza ed il Polmone, tenuti a bagno almeno tre ore, cambiandone l'acqua tiepida spesso, vengono bolliti in acqua aromatizzata e salata. Appena freddi vanno tagliati a fettine sottili e fritti in Strutto, questo secondo la ricetta classica, eventualmente si può optare per Olio EVO.
Con le frattaglie si imbottisce il panino, si sala, si schiaccia, lasciando ricadere lo strutto in eccesso nella padella e condendo opportunamente anche la seconda metà del panino, si spreme il limone ed u Pani ca Meusa Schietto è pronto. Schietto in palermitano significa Celibe e meglio nubile in quanto il riferimento è al femminile, infatti l'alternativa è u Pani ca Meusa Maritato, cioè ammantato del bianco della Ricotta e spruzzato con del saporoso e piccante Caciocavallo, che per l'originale è il Ragusano, per noi "purtroppo" si è trattato di un "vecchio" Caciocavallo Podolico di oltre due anni, che non permette una grattata a scaglie, come si otterrebbe con uno meno stagionato, l'estetica ne ha perso in autenticità ma c'ha guadagnato l'originalità e la personalizzazione in chiave pugliese del gusto.


PROBABILE STORIA DI QUESTO PIATTO
Gli ebrei, lavoratori del macello di Palermo, pagati con le sole frattaglie, tutte tranne il fegato, considerato degno di essere mangiato dai benestanti, diffusero e resero comune la vendita delle frattaglie per strada, usanza che fece presa sugli arabi. Gli ebrei non mangiano le frattaglie, la loro religione lo vieta, per gli arabi, abituati oltre tutto a mangiare con le mani, per cultura, era facile consumarne una volta lessate e tagliate a bocconi. Le frattaglie furono poi innestate nelle focacce, abitualmente e da tempo vendute per strada con ricotta, che viene ottenuta ricuocendo, appunto, il siero, scarto, anche questo, della lavorazione dei formaggi, con cui venivano pagati i lavoranti dei pastori, queste focacce erano insaporite prima in strutto che, friggendo in pentola colava dal lardo ed altri grassi di pessima qualità e quindi di scarto. U Pani ca' Meusa era fatto! Bastò aggiungere una grattatina di Caciocavallo Ragusano ed una strizzata di limone, che probabilmente preesistevano per insaporire l'uno la ricotta e l'altro le interiora, semplicemente bollite degli ebrei. Praticamente una storia da buttare per ottenere una leccornia eccelsa. 
Similmente in Puglia i garzoni dei fornai ricevevano come parte della paga la farina che veniva spazzolata dal pane cotto, con questo facevano il loro pane e le loro focacce, perché non pensare che questo accadesse anche in Sicilia? Pertanto anche le focacce o il pane che accompagnava questi antesignani dell'odierno Pani ca' Meusa avrebbe potuto essere prodotto allo stesso modo.

21 ottobre 2011

Cannolo alla Siciliana

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A "gentile" richiesta, non tutti capiranno il significato di queste virgolette, sarebbe troppo lungo spiegarlo, pertanto chi non lo capisce o lo capisce ma non le condivide, non le veda.
Da dove derivi la nostra ricetta non lo ricordiamo, è su uno dei tantissimi fogli, foglietti e fogliettini, scritti in oltre 40 anni di casuale raccolta dalle più disparate fonti, poi provate, collaudate, corrette, perfezionate. Vi racconteremo una delle ultime elaborazioni, che ci ha pienamente soddisfatti.
Ingredienti per ottenere circa dieci o dodici Cannoli, dose per quattro o cinque?

due etti di farina 00 - un cucchiaio raso di strutto o uno e mezzo di burro 
quanto basta di vino aromatico - un cucchiaio di zucchero - un bianco d'uovo 
olio o strutto per friggere - circa mezzo chilo di ricotta di pecora 
circa un quarto di zucchero - mezzo baccello di vaniglia 
frutta candita e/o cioccolato fondente e/o pistacchi secondo gusto e fantasia

Prima di tutto mettere la ricotta a scolare, deve essere molto asciutta.
Con farina, strutto o burro, vino ed il primo zucchero fare un impasto di una consistenza adatta alla successiva trasformazione in sfoglia e lasciarla a riposare per una o due ore, ponendola in una coppetta, coperta da un piatto, che dia una sicura tenuta, oggi si preferisce usare la carta trasparente.
Con un normale robot o frullatore a lame metalliche frullare grossolanamente la seconda dose di zucchero, servirà a renderlo più facilmente amalgamabile ed a miscelare i semini di un mezzo baccello di vaniglia. Solitamente abbiamo conservato più o meno lungamente questo zucchero con un baccello integro. Alla fine con un setaccio ricavarne due cucchiai circa del più sottile, sarà lo zucchero a velo per guarnire.
Quando la ricotta è ben scolata setacciarla con un passaverdure a manovella, usando il crivello più sottile ed amalgamarla energicamente e lungamente con lo zucchero aromatizzato. L'aromatizzazione è una pratica non sempre condivisa e c'è chi gradisce la cannella, riteniamo che possa essere una buona pratica, essendo fra l'altro tradizionale per alcune zone della Sicilia.
Stendere la pasta riposata, possibilmente, con mattarello, può andar bene anche la classica macchina per la pasta e, dalla sfoglia del normale spessore delle lasagne o poco più, ottenere dei quadrati di una misura tale che la diagonale ecceda rispetto alla lunghezza degli appositi "tubi", che useremo; questo per facilitare l'estrazione una volta fritti.  

Con il bianco d'uovo spennellare prima e dopo la giuzione e friggere in abbondantissimo olio o strutto per immersione profonda queste cialde, che vengono chiamate scorze. Quando saranno ben cotte porle a scolare e sfilare i tubi appena sono maneggiabili. Questi attrezzi, che in effetti sono una semplice lamina di acciaio ripiegata e non saldata, potrebbero essere anche in vera canna.
Quando saranno ben freddi si riempiono di ricotta nell'imminenza che devono essere consumati, farlo molto prima rischierebbe di inumidire le scorze.
Ovviamente la ricotta può essere variamente condita con frutta candita sminuzzata in pezzature di varie dimensioni, anche la cioccolata è un giustissimo ingrediente ed a questo proposito noi ultimamente abbiamo sperimentato un metodo, che ci ha molto convinti. Sciogliamo a bagnomaria una stecca di cioccolato fondente piuttosto amaro e lo versiamo all'interno della scorza ruotandola e facendo si che la rivesta. Se questo viene fatto senza interessare l'esterno, potrà essere anche una gradevolissima sorpresa. Il Cannolo che si vede qui sopra ha il cioccolato all'interno e non lo si indovinerebbe mai; questo inoltre è stato fatto con ricotta di capra, ottenendo un ripieno più leggero ma altrettanto gustoso, grazie alla non usuale freschezza e qualità della ricotta nello specifico.
Aggiungo solo una nota sul vino della scorza. Abbiamo usato i più disparati: Marsala, Bianchi fruttati ed anche, per una imperdonabile ma graditissima contaminazione, un Primitivo Dolce di eccelsa qualità, oltre 18° di gradazione alcolica e zuccherina.

19 ottobre 2011

Budini di Melanzane con Mozzarella di Bufala

Mesi ideali per questo piatto: Giugno - Luglio - Agosto - Settembre

Ingredienti per 4 commensali:
un quarto di Mozzarella di Bufala Campana - due melanzane piuttosto lunghe 
due spicchi di Aglio - una cipolla bianca media - un uovo - brodo vegetale 
un ciuffo di prezzemolo - due cucchiai di Canestrato Pecorino 
quanto basta di Pangrattato - Olio Extra Vergine di Oliva 
Salsa ricavata da un chilo di Pomodori - un mazzetto di basilico 
 quanto basta di Pepe Nero macinato al momento e sale fino

Sbucciare le Melanzane con taglio sottile e lungo il più possibile, versare le bucce ottenute in acqua salata in ebollizione per un paio di minuti, finché non le si vede ammorbidite, subito dopo bloccarne la cottura, prendendole con una schiumarola e versandole in acqua con ghiaccio, questo le renderà elastiche.
Dadolare la polpa e porla in un tegame con uno spicchio d'Aglio e la Cipolla affettati, coprire a filo con il Brodo Vegetale e porre a cuocere fino ad un iniziale disfacimento, far freddare, frullare, conservando il brodo per eventuali aggiunte.
Aggiungere alla crema si Melanzane l'uovo, il prezzemolo tritato, il pecorino, il pangrattato occorrente ad avere un impasto ancora morbido ed aggiustare di sale, come per tutti gli impasti, lasciare a riposo una mezz'oretta.
Servendosi di formine da budino monodose, rivestirne l'interno con le bucce, lasciando che abbondino, versare della crema, quindi una fetta di Mozzarella, ancora crema e chiudere completamente con le bucce lasciate eccedere nel rivestire lo stampo.
Cuocere a bagnomaria facendo partire l'ebollizione su un fornello, quindi infornare in forno caldo a 190°C per circa mezz'ora, controllarne l'avvenuta cottura con il classico stuzzicadenti.
Nel frattempo preparare la salsa, sbollentando i pomodori, scolandoli ben bene, passandoli e condendoli con Aglio a fettine, pepe, olio, sale e basilico.


Rafanata

Il Rafano o Cren è ritenuto un prodotto prettamente settentrionale, era invece molto diffuso nell'entroterra montano della Lucania, probabilmente era stato introdotto per le sue notevolissime qualità anti scorbuto, è infatti ricchissimo di Vitamina C. Generalmente lo si aggiungeva grattugiandolo direttamente, alla Pasta Asciutta o al Pane Cotto, a Carnevale si faceva un piatto specifico che si chiamava Rafanata, una sorta di Gattò di Patate, con ingredienti molto territoriali, riccamente ed abbondantemente arricchito di Rafano grattugiato.


Ingredienti per 4 persone:
due o tre grosse patate ben lessate in acqua salata - due fette di pane locale raffermo e spezzettato due o tre uova secondo grandezza -  due pezzi di Salsiccia Stagionata piccante tagliata a dadini 
quattro bei cucchiai di Canestrato Pecorino non molto stagionato grattugiato 
due o tre dita di Radice di Rafano grattugiata - quanto basta di sale fino 
due o tre cucchiai di strutto per condire ed ungere la teglia

Spellare le Patate Lessate e schiacciarle con una forchetta quando sono ancora calde, aggiungere le Uova, lo Strutto, il Rafano ed il Formaggio, salare ed amalgamare tutto molto bene, agitando vigorosamente. Aggiungere la Salsiccia, incorporandola bene e porre il tutto in una tiella, possibilmente in terracotta, mettere ancora in superficie qualche fiocchetto di strutto. Infornare in forno caldo a 200°C per una mezzoretta, finché si sarà formata, con l'aiuto del grill, una bella crosticina in superficie.

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