La dieta si fa contenendo le quantità non la qualità

4 dicembre 2008

Ciceri e Tria

Mesi ideali per questo piatto: Tutto l'anno

In questa tipicissima ricetta salentina c’è una cottura inusuale della pasta in una minestra, la si aggiunge dopo averla fritta.
E’ un altro piatto con origini antichissime, già i greci antichi usavano friggere la pasta da aggiungere alle zuppe di verdure o di legumi. Questa pratica la si ritrova poi nelle fette di pane fritto e la mollica di pane fritto o tostato. Anche i latini usarono molto le zuppe di verdure e/o di legumi accompagnate da pane, focacce e pasta; Orazio un giorno aveva fretta di tornare a casa, era atteso da “cireres laganique catinum”, un catino (piatto fondo) di ceci e lasagne. Ciceres, nome latino dei ceci, giunge a noi tal quale, Ciceri bene o male, malgrado qualche leggera variazione, si chiamano in tutto il sud Italia i ceci e “laine” le lasagne. In Basilicata di chiama con leggere varianti, “laianatur” la spianatoia, cioè il piano in legno dove si lavorano gli impasti, e “laianar”, il matterello lungo e sottile adatto a fare le sfoglie. Alla base di queste parole c’è quella in greco antico “laganon” che indicava anch’essa l’impasto di farinacei formata a fettuccine. E chi sa che scavando ancora non si possa risalire a civiltà ancora più antiche. Diversa e dubbia etimologia ha la parola “tria” essa deriverebbe dal termine, nonché soprannome molto diffuso nell’antica Roma, Tria, che sta per porro sul viso, spesso a forma di cece, sarebbe quindi una ripetizione? Forse è un nome onomatopeico delle lasagne fritte, somiglia un po’ al rumore della pasta che frigge. Molto più semplicemente, la parola deriverebbe dall’arabo “itriya”, che significa “pasta lunga ed essiccata”, quindi dobbiamo a questi anche questo? L’hanno inventata loro? Da grandi viaggiatori e mercanti quali sono stati hanno appreso la tecnica dall’altra parte del mondo e ce l’hanno trasmessa? O più semplicemente l’hanno vista da noi e l’hanno chiamata con un nome loro, che poi c’hanno lasciato nel Salento?
Qui ci starebbe bene una disputa sull’origine della pasta: Cinese o Italiana? Per la prima tesi, oltre alla cronaca de “Il Milione” di Marco Polo, ci sta bene l’avvalorante ritrovamento di un piatto di “spaghetti” di miglio in un insediamento del 2.000 a.C., il nome della città, guarda caso, è Lajia, somigliante al derivante dal latino "laine", qui si potrebbero fare tante ipotesi alla maniera di Roberto Giacobbo in Voyager.
Dobbiamo forse più semplicemente pensare che, come l’arco e le frecce, l’aratro, la ruota, ecc…, ad un certo punto l’uomo, in zone assolutamente lontanissime ed indipendenti tra loro, abbia inventato cose simili e di semplice ed utilitaristica, immediata tecnologia; avendo a disposizione, con la scoperta dell’agricoltura, grandi quantità di graminacee, se ne è cercato un modo più comodo e pratico di consumarle, che non fosse la bollitura o la tostatura, pratiche lunghe e fastidiose, molto più semplice sarebbe stato estrarne la parte nutriente, la farina, con la macinatura o il pestaggio, la setacciatura per separare grani di diversa dimensione e crusca, e il conseguente impasto della farina per ottenere prima delle focacce, che tagliate già diedero una forma primordiale di lasagne, facili da conservare e trasportare, per aggiungerle in zuppe varie. La frittura le ha rese poi più saporite e nutrienti con la presenza dei grassi riscaldati. Questa pratica si è poi abbandonata per le minestre ma si è mantenuta per i dolci, ne sono testimonianza le chiacchiere, le frappe, le cartellate pugliesi, i guanti lucani ed ancora i panzerotti, le seadas, l’sanacchiudere, i porcedduzzi, gli struffoli, i natalini, le pettole, ecc… ecc…
In buona parte del Sud Italia per San Giuseppe si mangia Pasta a forma di lasagna, che ricorderebbe la barba dell'iconografia del santo, con i Ceci, preparata in vari modi. La preparazione più originale ed elaborata che conosciamo è questa, la salentina. Essendo un piatto della festa, crediamo vada privilegiata quella più elaborata. Anche di questa esistono varie versioni; questa, che riportiamo, ce l'ha suggerita , tempo fa, una signora della provincia di Lecce e noi l'abbiamo provata e considerata altamente degna di essere menzionata. Non è necessario che sia San Giuseppe per mangiarla, ci piace tanto e ogni tanto la facciamo ed anche in tante versioni, come vedrete.
Ricetta in versione particolare con Ceci Neri - Il piatto utilizzato è del tutto particolare per l'epoca della sua fabbricazione (probabile fine 800), essendo un piatto per una sola razione, era un piatto da locanda, nelle famiglie si mangiava tutti in un solo piatto. Altra particolarità di questo piatto è che ha una forma tale da poter essere allo stesso tempo fondo e piano. Probabile fattura di Grottaglie (TA)
Questo è un piatto per cui occorrono pensarci dal giorno prima e molte ore per la variabile cottura dei Ceci, per la preparazione della Pasta occorrerà una oretta, servono i seguenti ingredienti per 4 persone:

un quarto di Ceci secchi, un etto e mezzo di Semola di Grano Duro rimacinata, 
un bicchierone di Acqua, un pizzico di Sale Fino, otto cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva,
una Carota grossa, una costa di Sedano, una Cipolla Rossa, tre foglie di Alloro, 
quanto basta di Sale grosso e Pepe Nero macinato al momento


Mettere a mollo in acqua salata i Ceci per 12 ore in acqua tiepida moderatamente salata. Al mattino se ne inizia la cottura, preparando un soffritto tagliando grossolanamente la cipolla, il sedano e la carota e mettendoli a soffriggere con le foglie di alloro in quattro cucchiai di olio in un tegame molto capiente (dovrà contenere non solo i Ceci ma anche abbondante brodo in cui cuocere le lasagne). Scolare, sciacquare i Ceci e aggiungerli al soffritto, rimestando.

 

Quando si avverte che l'umidità residua è esaurita, ricoprire abbondantemente d'acqua, ricordando che qui cuoceremo le lasagne e la minestra alla fine dovrà risultare ancora brodosa per poter bagnare anche le lasagne fritte, le tria appunto. La cottura, come sempre per i legumi, deve essere dolcissima e continua, se vogliamo ritrovare i legumi integri nel piatto, deve anche avvenire senza rimestamenti. 
Preparare il solito impasto di Semola di grano duro rimacinata, acqua e sale. Farlo riposare una mezz'oretta.
Stendere la pasta lasciandola un po' doppia ma non troppo, l'ideale è farlo a mano ma l'uso di una macchina è consentito, l'importante è lo spessore. Far asciugare la sfoglia per mezzora o più, se necessario.
 

Ripiegare ripetutamente la sfoglia su se stessa e tagliare le lasagne della larghezza circa di un dito. Allargarle, spolverarle di semola e lasciare ad asciugare moderatamente.
Quando i Ceci saranno cotti aggiungere nel tegame i due terzi o poco meno delle lasagne. Le restanti friggerle in Olio Extra Vergine di Olive Terre Tarentine ben caldo, poco più della metà di queste aggiungerle alla minestra in cottura ed il resto direttamente nei piatti a guarnizione, senza far perdere l'olio di cui saranno grondanti. Alcuni aggiungono, almeno in parte e saggiamente, anche l'olio della frittura alla minestra; siamo sicuri che questa era una pratica normalissima, gli stomaci e i fegati erano altri, i grassi lavorando pesantemente si bruciavano e non ci si poteva permettere di buttare tale grazia di Dio. Se si preferisse non aggiungere quest'olio, fare un completamento del piatto con un giro d'olio crudo o, cosa più tipica e racchiudente tutta la sacralità del cibo, non un giro ma una croce.

In una prima stesura questa ricetta si concludeva così.
"Manca la foto della minestra inpiattata perché l'entusiasmo per l'arrivo delle mie figlie, anche perché sono arrivate con le zeppole, non dimenticate che è San Giuseppe, e il piatto ben riuscito ce ne ha fatto dimenticare. Se non si è capito oggi è San Giuseppe, le zeppole (clicca per ricetta) di solito le prepara Rita ma quest'anno non è stato possibile.


Dovremo sacrificarci a prepararlo ancora una volta, prima del prossimo San Giuseppe, per farne la foto finale."

L'abbiamo ripetuto da allora più e più volte, le foto e le versioni, spesso molto infedeli, stanno a dimostrarlo, non sempre abbiamo seguito questa ricetta con soffritto del genere un po' settentrionale, abbiamo utilizzato il metodo più classico, almeno per noi, della semplice bollitura condita e non, ad esempio quella che trovereste cliccando qui.

Nel Salento stesso esistono versioni senza soffritto di partenza, con aggiunta di pomodori a condimento, questa evidentemente è una versione più recente e strana perché a San Giuseppe i pomodori non sono ancora maturi, quindi o si mettevano i pomodori secchi, molto probabile, o un po' di conserva o i pomodori a pezzetti conservati.

In Basilicata (Cicere cu'i Laine) si prepara senza lasagne fritte, facendo bollire i ceci con cipolla, alloro, sedano e condendo alla fine con un soffritto di cipolle e polvere di peperone dolce e piccante.

Come vedete ci siamo risacrificati per voi per mettere le foto del piatto pronto e l'abbiamo rifatto, più e più volte, usando anche terraglie diverse.


Frittura delle Tria



Divertendoci anche a dare forma diverse alla pasta. Queste sono comunque rigidamente salentine e si chiamano Sagne 'Ncannulate, cioè Lasagne Attorcigliate, in una nostra interpretazione non ortodossa nella forma, solitamente si accompagnano ad altro ma, perché no dei Ceci?


Il piatto utilizzato è un antico Piatto Reale (probabilmente fine 800) di probabile fattura grottagliese (Grottaglie in prov. di Taranto resta uno dei principali luoghi di produzione di ceramiche). Reale perché si pensava che, date le dimensioni, fosse degno dell'appetito di un re, in realtà era il piatto comune in cui mangiavano almeno cinque o sei commensali.
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1 commento:

  1. Complimenti; arrivato qui per caso, google-ando.
    Molto carino il tuo blog. Ti visiterò più spesso.
    tutto ok con la ricerca delle ricette
    Spero ti piaccia anche il mio blog.
    Fabrizio

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