La dieta si fa contenendo le quantità non la qualità

14 dicembre 2012

Uova Salsiccia e Peperoni Crusck


Il piatto più semplice del mondo, il piatto che chiunque sa fare per definizione, solitamente diciamo che se uno non sa fare nemmeno un uovo fritto . . .
Ma facciamolo così, usiamo ingredienti inusuali, uno in particolare: U Paparul Secch o Zafaran Sikk, che diventa Peperone Crusck dopo la frittura, o come li chiamava un mio zio, buonanima, che, guarda caso m'ha battezzato, L' Trigghie d' l' Isck, Le Triglie dell'Isck, l'isck è un giardino con abbondanza d'acqua, gli arabi che frequentarono molto la Lucania hanno lasciato molte parole, questa è una di quelle, "zafaran", come viene chiamato il peperone in molte di quelle contrade è un altro.
Usiamo poi della salsiccia stagionata per una quindicina/ventina di giorni all'aria e poi conservata sotto sugna ed usiamo questa sugna al posto dell'olio. Scandalo, il colesterolo, il diavolo, si sopravviverà? Scusate cosa pensate ci sia nell'uovo e nella salsiccia? Omega 3? Ed allora per una volta! cosa volete che sia, prendete esempio da me che ho due interventi di by-pass e varie angioplastiche e sono ancora qui a raccontarla.
Sciogliamo dolcemente due cucchiai di quella sugna in un tegamino, possibilmente di ferro, la sugna è già saporita già di suo per la persistenza della salsiccia dentro di essa, il colore che, dovrebbe essere tendente al rosato, lo dimostra, appena calda vi friggiamo moderatamente la salsiccia, tagliata a fettone e quando la sugna è ben calda vi immergiamo per un attimo i Peperoni Secchi, per pochissimo mi raccomando, io in effetti li ho lasciati troppo tempo e si sono leggermente bruciacchiati, voi siate più accorti di me, fate seguire subito le uova, lasciandole friggere molto dolcemente, non devono bruciare, si devono insaporire ed il rosso deve restare più che morbido o fino alla consistenza a voi gradita anche del bianco. Data la sapidità del tutto vi consiglio di mettere solo un pizzichino di sale al tuorlo.
Questa è una ricetta mangia pane, per questo siate pronti con delle belle fette di un buon pane pugliese o lucano da intingere.

5 dicembre 2012

Cartellate

Non mi chiedete l'etimologia del nome di questo dolce natalizio in uso, per quel che mi risulta, in tutta la Puglia e la Basilicata con nomi diversi e ricette diversissime, li accomuna la forma, il fatto che siano fritti ed il condimento che parte dal solo zucchero semolato aromatizzato, in alcuni casi, miele per arrivare all'apoteosi del Vincotto di Fichi o, meglio ancora, quello che consideriamo il vero, di Uva, tanto che basta il solo nome Vincotto ad indicarlo, non occorre specificare di cosa.
Cartellate al Miele
Ingredienti per una bella quantità in quanto sono leggerissime:
mezzo chilo di farina 00 - 75gr di Olio Extra Vergine d'Oliva - un pizzico di sale
un cucchiaino di zucchero - quanto basta di Vino Bianco meglio Verdeca di Gravina
abbondantissimo Olio di Oliva per friggere o meglio Strutto - bucce di agrumi

Fare la solita bella fontana con la farina, mettere gli altri ingredienti ed impastare ed impastare fino ad ottenere una pasta perfettamente amalgamata, che, come al solito sarà messa a riposare per almeno mezz'ora in una coppa coperta da un piatto, che non permette passaggio d'aria, l'alternativa oggi è la solita pellicola trasparente. Per meglio lavorare con pasta sempre fresca è preferibile dividere il panetto in due o tre parti.
Stendere uno dei panetti facendo una sfoglia, per questo può andar bene anche la macchina per fare le lasagne o meglio un classico mattarello. Dalla sfoglia ottenere, tagliandole con la rotella ondulata, delle lasagne larghe meno di due dita, di più non manterrebbero la forma, le lasagne, opportunamente pizzicate ed arrotolate daranno origine alla cartellata, le foto fanno più e meglio di ogni descrizione.




Ci si può divertire a farne di molto più piccole e di molto più grandi, pensando a qualche impiattamento particolare, basta fare fasce più corte e più lunghe ed essere pronti a superare difficoltà in frittura.
Procedere alla frittura in olio profondo, mettendole a friggere di piatto a faccia in su, in modo che rigirate, ben dorate e cotte, saranno tolte dall'olio in una posizione che ne faciliti lo svuotamento. Porle a scolare in un capiente scolapasta.
In quasi tutte le fritture di dolci si usa aggiungere nell'olio bollente qualche pezzo di buccia di arancia, mandarino o anche limone, specialmente in fase di riscaldamento. Questa aggiunta aromatizzerà l'olio e renderà meno sgradevole l'odore che si diffonde nell'aria, ammesso che si sia capaci o si abbia voglia di considerare sgradevole l'odore del cibo in cottura, serviranno anche a segnalare il raggiungimento della temperatura ideale per iniziare a friggere.

Cartellate fritte e ben scolate pronte ad accogliere il miele o il vincotto
Per ben condirle porre a scaldare il miele o il vincotto rendendoli sufficientemente fluidi ed irrorare le cartellate con l'uno o l'altro, servendosi di un semplice cucchiaio. Si può completare l'opera spruzzandoli con i coriandoli colorati e/o frutta secca tritata.
Questa è la maniera classica ma si possono fare anche altri addobbi, ho sempre pensato che, trattandosi di un impasto non decisamente dolce, si presterebbe anche a qualche preparazione salata. Chi sa!

Cartellate al Vincotto

4 dicembre 2012

Filetti di Scorfano al forno con patate

Ricetta semplicissima, direi ovvia, scontata e che non aggiunge niente di nuovo. Perché l'ho scritta allora? Semplicemente perché il pesce al forno con le patate è una delle cose più buone che si possa mangiare e voglio comunque condividerla. La preparazione del pesce in genere deve essere il più semplice possibile, utilizzando pochissimi ingredienti e pochissimo tempo per quanto riguarda la cottura, il tempo l'abbiamo dedicato alla ricerca degli ingredienti al mercato. Un buon piatto comincia dal mercato e spessissimo non inizia dal giorno della preparazione ma da molti giorni prima, spesso mesi, questo piatto, non ci crederete, è iniziato mesi fa.


Qualche mese fa, alla fine della primavera, quando il caldo cominciava ad essere fastidioso, abbiamo cominciato a pensare per questo piatto ma non solo. Girando tra le bancarelle del mercato abbiamo adocchiato, toccato, tastato, soppesato, annusato non so più quante teste d'aglio ancora con le loro code, ancora con un pochino di terra mischiata alle radici. Abbiamo scelto un aglio non eccessivamente grande con degli spicchi normali di cui ne può bastare uno, al massimo due e non di quelli che uno spicchio è anche troppo, del resto perché? L'abbiamo scelto già molto compatto, sporco di terra argillosa, sicuramente non era il più bello, malgrado le striature rosse, infatti l'abbiamo pagato ad un prezzo medio basso.
Tornati a casa l'abbiamo messo ad asciugare in un posto in penombra, fresco e ben ventilato, in un ampio cesto girandolo e rigirandolo perché si seccasse al meglio. Una volta asciugato completamente l'abbiamo liberato delle code e, messo in un sacchetto di retina, di quelli di recupero di salami, formaggi, patate, ecc... l'abbiamo appeso nella nostra freschiera, un armadio con pareti a persianina e zanzariera rivolto a tramontana, dove teniamo le provviste che non devono stare in frigo. Adesso gli fanno compagnia vari chili di patate, cipolle d'ogni genere e colore, limoni, carote, c'è anche, l'abbiamo acquistato proprio ieri, un intero baccalà salato, pesa quasi quattro chili, è la nostra provvista per buona parte dell'inverno.

Ritorniamo al nostro pesce al forno, per quattro persone abbiamo preso due scorfani del peso di oltre mezzo chilo l'uno, sono servite anche meno di un chilo di Patate, due spicchi dell'Aglio, quattro foglie di Prezzemolo freschissimo, un pizzico di Sale, uno di Pepe Nero al mortaio ed un generoso filo d'Olio Extra Vergine d'Oliva.

La ricetta in questo caso è descritta per lo scorfano ma la facciamo abitualmente con tanti altri pesci come san pietro, orate, dentici, lutrini, rana pescatrice, ovviamente la coda, ecc... sempre ben sfilettati nella maniera che potrete leggere cliccando qui.

La prima operazione è tagliare le patate pelate in fettine sottilissime, per una cottura molto rapida essendo il pesce in genere di rapidissima cottura, i filetti ancor più, non volendolo scuocere rendendolo stoppaccioso; le fettine di patate dobbiamo condirle con la giusta quantità di Olio Evo, Sale fino, Pepe Nero appena macinato, Aglio e Prezzemolo tritatissimi. L'operazione l'abbiamo fatta in una capiente insalatiera per poterle girare e rigirare affinché si condissero alla perfezione. Sistemiamo ordinatamente uno strato di fettine di patate in una teglia appena unta d'olio, su di esse i filetti di pesce in bell'ordine e conditi con un filino d'olio evo, un pizzichino di sale fino, lo ricopriamo con un unico strato di fettine di patate, parzialmente sovrapposte a coprire del tutto perfettamente ed ordinatamente il pesce.
La teglia va messa in forno caldo a 170 °C per una mezz'ora circa.
La rosolatura e doratura delle patate sarà il segnale, che ci assicurerà della avvenuta cottura delle patate ed a maggior ragione del pesce.

C'è chi gradisce sulle patate una spolverata di formaggio pecorino o parmigiano, noi no, potreste provare e decidere a quale partito iscrivervi, noi siamo per quello della estrema semplicità particolarmente per il pesce, che quando è fresco ma veramente fresco ha bisogno di poco e niente, la stessa cottura certe volte è un di più, che ci lascia perplessi, ma questa è un'altra storia.



Dite la verità vi state domandando: ma questi le spine e le teste con quelle belle guanciotte carnose che hanno fatto? possibile che l'abbiano buttate via?
Siete pazzi? Abbiamo fatto due Fettucce con lo Scorfano, cliccate e troverete il seguito.



Fettucce con lo Scorfano


Con i "resti" della ricetta precedente (Filetti di Scorfano al Forno con Patate) abbiamo fatto una ricetta di recupero, sinceramente data la bontà di entrambi i piatti non sappiamo quale sia il piatto di recupero e di quale, sono le teste e le spine lo scarto dei filetti o viceversa?


In mezzo c'erano, per buon peso, anche due scorfanetti più piccoli, abbiamo sfilettato anche quelli.
In un fondo d'Olio EVO, due spicchi d'Aglio tritato, mezzo Peperoncino e quattro gambi di Prezzemolo, abbiamo rosolato ben bene da ogni parte gli "scarti" dopo aver fatto dorare l'aglio molto dolcemente. Abbiamo appena sfumato con pochissimo Vino Bianco ben secco, diciamo mezzo bicchiere, quando il vino è completamente scomparso e non se ne sentiva neanche l'odore si è aggiunto poco meno di una bottiglia di Salsa di Pomodoro di ottima qualità, la nostra fatta in casa secondo il metodo che potrete leggere cliccando qui, ed un bicchiere d'acqua. Usando un tegame della giusta misura, tra salsa ed acqua si deve quasi coprire il tutto, a questo punto è giusto salare, coprire ed attendere che inizi a bollire per abbassare e far restringere, rimestando di tanto intanto con delicatezza. A questo punto il dilemma: gustarsi questi "avanzi" nei quali si trovano bocconcini gustosissimi o lasciar perdere, estrarre il più possibile di gusto in cottura, recuperare quel poco che riesce.
Nel primo caso le teste e le spine vanno sollevate quando sono ancora ben sode con un pochino di sugo per tenerle in caldo e gustarsele con calma.  Nel secondo si lascia che si disfino e si preleva con accortezza qualche bocconcino che poi riaggiungeremo alla salsa, che, ancora piuttosto liquida, in entrambi i casi è bene passare con un colino metallico in cui schiacciare eventuali rimasugli.

Per questo esiste uno strumento specifico, un colino conico, che concentrando sul fondo la parte solida ne facilita la spremitura, si chiama chinois, con lo stesso nome si indica un brodo ristretto di pesce, il nome denuncia il fatto che questo è un tributo che paghiamo alla più grande cucina esistente al mondo la Cucina Cinese. Noi ne facciamo a meno, utilizziamo un colino semisferico in acciaio, fa benissimo il suo compito.

La salsa va adesso opportunamente restrinta in padella perché condisca bene; avendo dei filetti in eccesso è il momento di farli sobollire con essa, lasciandoli sani o sbriciolandoli ma non troppo, dipende dai gusti e dalla fantasia del momento, la cottura sarà rapida, pochi minuti come sempre per il pesce.

Una regola aurea della cottura del pesce è crudo, per preparazioni nipponizzanti dove i pugliesi non hanno nulla da invidiare specialmente se parliamo di molluschi, o cotto, in questo caso lo deve essere perfettamente, restando morbido, senza raggiungere il punto in cui diventa stoppaccioso.

Adesso non ci resta che scolare la pasta, 80/100 gr a commensale, cotta in abbondante acqua salata lasciandola molto al dente, e rigirarla un pochino con la salsa in padella, un pochino d'acqua di cottura aiuterà il formarsi di una gustosa cremina. Ora non ci resta che impiattare, spargendo del Prezzemolo e spolverando di Pepe Nero al mulinello.

La pasta da utilizzare? è la più varia, ora c'è una gustosa tendenza all'uso di paste grosse lisce come calamarata, paccheri, ecc . . . la classica sarebbe spaghetti o linguine, in questa occasione siamo rimasti più o meno a metà strada usando le Fettucce n° 15 (O' Guaglione) della Garofalo, pasta lunga ma non sottile, pasta che ha retto benissimo lo stress di una cottura in padella con, sia pur leggera, risottatura. 



26 novembre 2012

Pomodori Secchi con Pasta Fresca

Questa estate ci siamo dedicati a fare vecchie preparazioni per conservare i Pomodori. Un tempo non conoscendo le tecniche della conservazione previa bollitura e, molto probabilmente, non disponendo facilmente di bottiglie e barattoli, si conservavano i pomodori più che altro con l'ausilio del sole e dell'aria, asciugando e seccando i pomodori, semplicemente tagliati a metà e salati, o la loro salsa, si ottenevano così i Pomodori Secchi e la Conserva, di quest'ultima abbiamo gia parlato dettagliatamente qui, dei Pomodori Secchi, dicendo che si tagliano, si salano e si fanno asciugare al sole ed all'aria, abbiamo anche detto tutto, aggiungiamo semplicemente la raccomandazione di utilizzare dei cestini che consentano una ventilazione completa e di tenerli riparati dall'umidità della notte, ritirando i cestini quando non c'è una ottimale esposizione al sole. Entrambi i prodotti per ottenere una buona conservazione è bene conservarli sott'olio.

Pomodori da seccare
 Avendo a disposizione questi prodotti abbiamo cominciato a pensare come utilizzarli tal quali senza grandi elaborazioni, abbiamo così voluto provare una salsa a crudo, diciamo un pesto, ottenuto in parte con il mortaio ed in parte con un moderno Mixer ad immersione, chi ci conosce sa che difficilmente utilizziamo strumenti simili ma in questa occasione c'è sembrato indispensabile. Questo piatto ha voluto anche essere un già nostalgico saluto all'estate, dando quasi del tutto fondo ad alcune rimanenze ad essa legate. Abbiamo utilizzato l'ultimo Cacioricotta di Capra, formaggio assolutamente estivo, ed abbiamo dovuto, procedendo con grande attenzione, scegliere qualche ultima cimetta di basilico sopravvissuta, magro bottino delle rigogliosissime piante, che tanto hanno profumato i nostri piatti estivi.

Ingredienti del Pesto in dosi per singolo commensale:
due mezzi Pomodori secchi - dieci Mandorle spellate - mezzo spicchio di Aglio 
un quarto di Peperoncino - un ciuffetto di Basilico - due cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva 
un pizzichino di Sale Grosso - dieci Pistacchi - una manciata di Cacioricotta Caprino

Ho schiacciato preventivamente nel mortaio le mandorle, l'aglio, il Peperoncino sminuzzato e pochissimi grani di Sale Grosso, tenendo conto che i Pomodori sono già piuttosto salati, questi, dopo averli sminuzzati, li ho messi con il basilico in un recipiente dove ho aggiunto ciò che avevo grossolanamente pestato al mortaio, ho lavorato il tutto al mixer, fermandomi spesso per consentire alle lame ed al composto di raffreddarsi. Per facilitare la formazione della salsa ho aggiunto anche l'olio. Un assaggio è stato necessario per giudicare l'armonia degli ingredienti e l'eventuale correzione di sale.
Mentre il Pesto è rimasto a riposare per migliorare l'amalgama dei gusti, abbiamo preparato una pasta che ha richiamato uno degli ingredienti della salsa, precisamente le Mandorle. Rita ha infatti fatto una antica pasta pugliese, probabile progenitore di Orecchiette e Strascinati (cliccando sui nomi si ottengono le relative ricette), grande quanto le prime e ottenute con la stessa tecnica delle seconde, mantenendo semplicemente il lembo con un dito per impedirne la chiusura, questa pasta prende il nome di Bucce di Mandorle, Scorz d l'Amennl o Amell, detto nei vari dialetti ed inflessioni murgiane.

Scorz d'Amennl o d'Amell cioè Bucce di Mandorla - Notate la forma diversa dalle Orecchiette

Rita ha voluto proprio strafare ed oltre a queste Scorz d'Amennl ha voluto preparare anche dei Frscidd, corti maccheroncini ottenuti con il sapiente uso del ferretto per maccheroni (cliccando avrete la ricetta). I "Friscidd" prendono anche il nome di Pzzareddr o Minghiaridd o Minghiariedd, sostituendo anche la "g" con le "c" in alcune inflessioni, tutti nomi allusivi, la loro forma, che potete vedere nella foto sottostante, fa capire a cosa. Il fatto che l'insieme sottostante prende il nome di Maritati e che questi sono o, meglio, erano il piatto tipico e beneaugurale dei matrimoni, rende del tutto chiara la cosa e le "cose" che vedete.


Maritati - Strascinati e Minghiaril o Pzzaredd

Questa pasta lontanamente ricorda, la tecnica è quasi la stessa, le Busiate siciliane, come la nostra Salsa o Pesto, come dir si voglia, ricorda o meglio si ispira, al Pesto alla Trapanese.

La pasta, dopo una rapida bollitura in acqua salata, data la sua freschezza, è stata amalgamata in padella calda ma a fuoco spento con il Pesto, addizionando qualche mestolo di acqua della pasta in ebollizione, per riscaldare e perché si formasse una gustosa cremina. Alla fine si è spolverato con Cacioricotta di Capra miscelato con pistacchi pestati al mortaio. 
Dopo l'impiattamento si è proceduto ad irrorare di Olio Extra Vergine d'Oliva Nuovo e Profumatissimo ed a guarnire con altro Cacioricotta miscelato con Pistacchio.

Scorz d'Amennl e Minghiaridd o Minghiaril 

Scorz d'Amennl e Cim stufat - Bucce di Mandorle con Cavolfiore Verde

Questa ricetta è nella tradizione della Puglia intera, L'uso della pasta di questa forma è estesa addirittura alla parte pugliese del materano dove prende il nome di Scorz d'Amell e si fa più che altro con le Cime di Rapa nella versione con Acciuga e mollica di pane. Questa base di Pasta Fresca e Cavolfiore questa volta l'abbiamo condita con la Ventresca Fatta in Casa e la Mollica di Pane Asciugata, in maniera molto classica, quindi, il valore aggiunto è stato un Coccio, capiente e spesso,  una volta riscaldato, ha permesso una lunga stufatura, che ha arricchito il piatto di gusto e profumi amalgamandoli in un tutt'uno, contrariamente alle nuove tendenze della cucina che, quando, come sempre più spesso dissociando, non scompone, mette le cose insieme e poi cerca i gusti separati, non lo capirò mai.

Ingredienti per quattro commensali con voglia di mangiare sul serio:
tre etti e mezzo di Semola rimacinata di grano duro 
Circa la metà di acqua tiepida 
un pizzico di sale
un chilogrammo di Cavolfiore Verde - due etti di Ventresca bella grassa 
la mollica di circa mezzo chilo di Pane Pugliese - due spicchi di Aglio - una Cipolla dorata
due Peperoncini - una generosa manciata di Pecorino Canestrato Pugliese
due cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva
quanto basta di Sale Grosso

La procedura per fare la pasta è la stessa delle Orecchiette e degli Strascinati, diciamo anzi che le Bucce di Mandorle sono una precisa derivazione da quest'ultimi (la cui preparazione troverete descritta cliccando qui), sono infatti soltanto più piccoli e nel distenderli, usando la lama e non la punta del coltello, si deve impedire che il lembo lasciato si richiuda sul resto dello strascinato, lo si mantiene con il dito, ed il gioco è fatto, invece d'avere un piccolo strascinato avremo la Scorz d l'Amennl, che lasceremo ad asciugare moderatamente, distese ordinatamente sulla spianatoia.
Intanto avremo mondato il Cavolfiore, ridotto a cimette e l'avremo ben lavato e messo a scolare. Avremo anche preparato la Mollica di Pane come spieghiamo qui.
Per la preparazione di questa ricetta abbiamo utilizzato un tegame in terracotta, che, come detto prima ci ha consentito una stufatura finale, se non doveste averlo, malissimo! scherzo, si può egregiamente supplire con un altro recipiente messo poi in un forno acceso a temperatura bassissima, che serva a non far raffreddare il preparato.
Mettiamo sul fuoco la terrina con i due cucchiai di Olio EVO e la Ventresca (fatta in casa con il metodo che trovate cliccando qui) ridotta a fettine sottilissime, la fiamma dovrà essere bassissima per consentire di trasudare tutto il grasso, quando questo accadrà, aggiungeremo l'aglio tritato o semplicemente schiacciato per poterlo, volendo, togliere, insieme metteremo anche la cipolla ben tritata ed i Peperoncini, spezzati anche questi per consentirne l'asportazione del tutto o in parte a seconda della piccantezza gradita. Lasciamo che tutto soffrigga dolcemente, rimestando e facendo arrivare alla formazione di una gustosa salsa.
Nel frattempo il Cavolfiore è stato sbollentato il minimo indispensabile in acqua opportunamente salata e non abbondantissima, giusto il minimo necessario a sbollentarvi anche la pasta. Questa ristrettezza servirà a non disperderne gusto e profumo da trasferire appunto alla pasta.
Solleviamo il Cavolfiore e aggiungiamolo all'intingolo, rimestando molto dolcemente per evitarne un eccessivo disfacimento, che comunque ci sarà ed arricchirà la preparazione. 
Buttiamo la pasta nella stessa acqua, tornata all'ebollizione, se la pasta è fresca, essendo stata fatta poco prima, basterà che salga a galla per essere pronta a seguire il Cavolfiore nell'intingolo per essere dolcemente amalgamata insieme, aggiungendo qualche mestolino di acqua di cottura. Per la pasta non veramente fresca, occorrerà attendere che sia un po' meno che "al dente". 
Riassorbita l'acqua ma non troppo, la cottura sarà fatta, non resta che spegnere e spolverare abbondantemente di Mollica di Pane e poco Canestrato grattugiato. Rimestare ancora il minimo indispensabile ad una distribuzione perfetta, coprire e lasciare stufare per un decina di minuti circa. Servire in piatti spessi preriscaldati.

17 novembre 2012

Verza in Brodo di Maiale

Siamo alla fine di Novembre e che l'inverno sia alle porte è proprio evidente, in questi giorni piove e la temperatura s'è davvero abbassata, anche troppo.
Proviamo a farci un bel piatto caldo e rotondo.
Questo è un piatto molto somigliante a quello che generalmente si fa in Lucania nei giorni in cui si ammazza il maiale. Pur essendoci grande abbondanza di carne in questo momento, la saggezza popolare insegna che ora vanno consumati solo gli scarti, tutto ciò ch'è difficile o non conveniente da conservare, ma siccome del maiale non si butta niente e tutta la carne e le frattaglie sono conservabili in svariati modi, cosa ci rimane? gli ossi, si proprio solo e soltanto gli ossi ed anche ben spolpati.
Allora con questi, spolpati al meglio, che meglio non si può e le verdure dell'inverno, cavoli e verze si fa di necessità virtù e si preparava una minestra fantastica.
Si metteva nella cadara, la caldaia di rame appesa ad una catena, posta al centro del focolare, quanti più ossi, spezzati alla meno peggio si poteva, si aggiungeva acqua, tanto da coprirli, si mettevano, se c'erano, generalmente si, qualche cipolla, qualche pastinaca, alcuni pomodori di quelli appesi, anche qualche patata, ci si sarebbe fatto uno spuntino appena cotte, e qualche rametto di prezzemolo, cosa un pochino difficile con il freddo, e si ravvivava il fuoco aggiungendo qualche pezzo di legno, perché la caldaia bollisse presto e cominciasse così la lunga cottura di questo brodo, che restringendosi avrebbe acquistato un gran sapore estraendo tutto quello che c'era ancora di commestibile in quegli ossi. Ricordo come adesso che s'andava a rubacchiare qualche pezzetto di carne, che stavano tagliuzzando e condendo per far salsicce, lo facevamo per assaggiare "se stava bene di sale", lo infilzavamo con delle lunghe forchette fatte apposta con del ferro filato, adatte ad arrostire fette di pane, salsicce o questi assaggi di carne o fegato e gli davamo una rapida sfiammata al focolare, un pizzico di sale e giù insieme a quel pane fatto in casa, ch'era buono anche da solo, meglio con un filo d'olio o un pochino di sugna dove s'era tenuta la salsiccia.
Abbiamo fatto questa ricetta sulla falsariga di questi ricordi, certo non potevamo andare dal macellaio e chiedergli soltanto degli ossi, abbiamo acquistato quello che più si avvicina, lo Stinco, per meglio dire, è stata la vista degli Stinchi, che c'ha fatto tornare in mente quel brodo, anzi Brodo. Cos'è lo stinco? è la zampa anteriore del maiale, precisamente è quella parte che in noi si chiama avambraccio, è quindi una parte più di ossi che di polpa e quel poco che c'è è molto tenace o almeno dovrebbe essere così, sarebbe stato opportuno qualche piedino, ma . . . manco a pagarli, appunto.


Ingredienti per 4 persone di appetito robusto, se non sono così non li vogliamo:
due Stinchi di Maiale da più di un chilo l'uno - una bella Verza piuttosto grande 
cinque o sei Friselle d'Orzo Integrali - una Cipolla dorata - una grossa Carota - due grosse Patate
due rami di Prezzemolo - quattro Pomodorini appesi 
quattro manciate di Pecorino Canestrato stagionato 
quanto è giusto che sia di Sale grosso e di Pepe nero appena pestato al mortaio

Gli stinchi è meglio tenerli un po' a bagno, quindi li si mette in acqua fredda e se ne comincia la cottura schiumando, come di fa con ogni buon brodo di carne. Noi abitualmente aggiungiamo gli odori dopo la schiumatura, volendo si possono anche mettere con la carne. Salare, moderatamente, il volume potrebbe ingannare, meglio aggiustare che eccedere. Quando inizia l'ebollizione, abbassare la fiamma purché si mantenga. Porre una pentola piena d'acqua su questa del brodo, avremo acqua calda gratis, in cucina serve sempre. gli altri motivi li abbiamo spiegati spesso con le cotture dei legumi.
Intanto mondare la verza. Utilizzare per questo piatto anche le foglie più esterne, anche se dure, daranno più sapore, l'importante e togliere la parte centrale della foglia ma solo a quelle più dure. Tagliarle a striscioline, lavarle ben bene e tenerle da parte.
Quando la carne degli stinchi sarà cotta, lo capirete infilandola con una forchetta, alzate la carne e le verdure, noi ne abbiamo approfittato per fare uno spuntino con una patata, abbiamo così assaggiato anche se sta bene di sale, deve essere un po' saporito per tener conto dell'aggiunta della verza. Anche questa volta far iniziare l'ebollizione e poi procedere come prima. A cottura raggiunta anche della verdura, rimettere gli stinchi perché siano belli caldi.
Per impiattare sarà bene usare piatti riscaldati in cui per prima cosa metteremo le friselle, le copriremo di brodo bollente, appena saranno ben inzuppate, seguirà la verza che cospargeremo abbondantemente di Pecorino appena grattugiato e Pepe Nero appena pestato. La carne potrà essere consumata insieme in un piatto unico o a parte per farne un ottimo secondo piatto.



Aggiungiamo una nostra nota. Purtroppo i maiali vengono ormai macellati troppo giovani e queste parti, che dovrebbero essere coriacee e dalla lunga cottura, cuociono troppo presto e danno scarsa sapidità alla minestra, per questo è bene abbondare in carne, noi abbiamo rinforzato il piatto con della ventresca stagionata e la carne per arricchirla di sapore l'abbiamo dovuta mangiare condita con Salsa di Senape. Questo è lo scotto da pagare alla modernità che vuole maiali giovani e magri.

5 novembre 2012

Conserviamo le Olive


La conservazione delle Olive dipende dalla tipologia, ce ne sono una infinità di razze. Diciamo che avendo delle olive piuttosto acerbe e molto consistenti si può fare una preparazione lucana che si chiama Andossa o a 'Ndossa, qualche lucano esperto mi aiuti. Questa è una preparazione che accelera l'addolcimento. Più genericamente ed anche in Puglia si fanno cose simili, chiamandole genericamente "Olive Cazzate", dove il termine si riferisce allo schiacciamento e non al dire dei dotti in genere.
Si schiacciano con un ciottolo, appoggiandole su un'altro, cercando di non rompere i noccioli, le si mettono quindi in acqua, che va cambiata ogni giorno finché non saranno addolcite al punto di nostro gusto, il mio consiglio è di lasciarle alquanto amare, a questo punto si mettono in salamoia con profumi quali finocchietto selvatico o mirto in rami a ciuffi. La solita salamoia la si ottiene mettendo nell'acqua occorrente 100 grammi di sale grosso per litro d'acqua, bollita. Abbiamo fatto così anche le Belle di Cerignola che si vedono nella foto.
Le olive si possono anche conservare seccandole. Per farlo bisogna che siano maturissime, quindi nere. Messe in cestini piuttosto larghi, che non siano troppo sovrapposte; si salano abbondantemente, si rigirano due o tre volte al giorno, tenendole in un posto fresco, asciutto e ventilato, quando sono appassite, si passano al forno leggero, giusto per asciugare l'umidità superficiale, avendole molto ben scosse dal sale in eccesso. Restano morbide e si addolciscono. Per accelerare il rinsecchimento si possono pungere con una forchetta, in questo caso avremo le Olive Morte, si chiamano così in Lucania. Per aromatizzarle si aggiungono bucce di arancio e mandarino.


Ultimamente abbiamo adottato un metodo semplicissimo ed efficacissimo per olive verdi o, al massimo, solo all'inizio della maturazione, quando sono ancora maculate.
Le separiamo per grado di maturazione e le mettiamo in bottiglie di plastica, usiamo quelle dell'acqua minerale o, meglio, del latte, che hanno una bocca più larga, senza arrivare all'orlo, poi si riempiono quasi del tutto con salamoia, fatta come detto sopra, si chiude bene e si lasciano in luogo buio e fresco.
Volendo e potendo, aromatizzarle lo si fa con rami di Finocchiello o Mirto, entrambi selvatici ed in steli, alcuni usano anche l'alloro. Il Mirto, famoso più di nome che di fatto, è molto utilizzato in Sardegna dove ci fanno il loro famoso maialino arrosto, Purcheddu al Mirto (clicca per ricetta). Fanno anche dei liquori sia con i germogli primaverili Mirto bianco o verde, sia con le bacche mature d'autunno, Mirto Rosso. Con il Mirto, che da noi in Puglia si chiama Mortella, faccio anche dei sali aromatizzati per arrosti, lasciandolo immerso nel sale, generalmente grosso e schiacciato grossolanamente al mortaio di pietra,  per una ventina di giorni, questa è una procedura valida per moltissime altre aromatizzazioni con Rosmarino, Alloro, Origano, ecc....
A Natale, a seconda della razza e della maturazione di partenza, generalmente sono pronte, le verdi potrebbero essere ancora un po' troppo amare. Meglio naturalmente quelle per definizione dolci, cioè quelle che quando nere e mature si friggono, cioè le Nolche, le Amele e le Termite. Possono essere mangiate tal quale o condite con Aglio, Sedano, Peperoncino ed Olio, o cucinate in vari modi, sono anche adatte al Martini.
Una accortezza, sviluppano gas, le bottiglie vanno quindi chiuse bene e non riempite totalmente, lasciandole leggermente ammaccate, dopo un po' le si vedrà gonfie come palloncini. Usiamo questo sistema semplicissimo, come detto rimaniamo due o tre dita al di sotto dell'orlo, chiudiamo quasi del tutto, lasciando uno spiffero da cui facciamo uscire un po' d'aria, con la conseguenza di schiacciare la bottiglia e far arrivare l'acqua all'orlo, quindi serriamo bene il tappo, le olive saranno ben coperte e si sarà ricavato spazio per il gas che si andrà a produrre. Evidentemente non è un metodo tradizionale ma è basato su questo.

25 ottobre 2012

Peperoni fritti con Olive dolci

Autunno, Ottobre, tempo di olive. Alla cucina si adattano molto bene le olive dolci, sono di varie razze, in Puglia quelle che io conosco sono le Amele, le Nolche e le Termite, quest'ultime sono le migliori ma anche le altre sono eccellenti, si preparano in vari modi ed anche per brevi conservazioni ma il modo migliore per consumarle è friggerle (per ricetta clicca qui). 
La nota caratteristica del sapore delle olive è un certo gustoso amaro, che ben si abbina al dolce dei peperoni, specialmente quelli rossi di questo momento. I friggitelli, come comunemente vengono chiamati i peperoni piccoli da frittura, sono tutti o quasi maturi al massimo e si presentano di un rosso meraviglioso.


Per la ricetta occorre abbondante Olio Extra Vergine di Oliva, qualche spicchio d'Aglio, un Peperoncino spezzato e sale fino.

Per le proporzioni tra olive e peperoni, credo non esista una regola e non ne vedo neanche il motivo. Si friggono entrambi sani, dopo averli lavari e molto ben asciugati. Parliamo di frittura, in effetti si tratta di una soffrittura in olio abbondante e molto caldo, quasi che si trattasse di una frittura; in quest'olio si è fatto imbiondire molto moderatamente l'aglio appena schiacciato e il peperoncino in due pezzi per poterli recuperare a metà cottura.
Si può procedere ad una frittura contemporanea, noi, per motivi estetici, volendo lasciare il loro bel colore ai peperoni, solitamente procediamo separatamente, prima questi evidentemente e poi le olive; friggiamo entrambi fino all'appassimento totale, anzi se qualche oliva si disfa un pochino contribuisce ad insaporire l'olio, la parte migliore dell'intera preparazione, non sognatevi nemmeno di buttarlo via come si farebbe in una normale frittura.
Si servono salati un pochino abbondantemente ed irrorati del loro saporitissimo e profumatissimo olio. Il panino bagnato, direi inzuppato d'olio ed imbottito di peperoni, mangiato accompagnando con queste olive, credo sia una delle cose più goduriose che ci siano, provate per credere, con moderazione, danno assuefazione, difficilissimo e dolorosissimo distacco.



24 ottobre 2012

Lasagne del Rais

Mesi ideali per questo piatto: Giugno - Luglio - Agosto - Settembre


Il Rais, il capo dei tonnaroti, i pescatori di tonno, gli uomini che agli ordini del Rais hanno ristretto la camera della morte della tonnara ed hanno issato i tonni sulle barche in una cruenta battaglia le cui immagini in bianco e nero tutti abbiamo visto tante volte in televisione; in bianco e nero perché antiche. Se ci fossero, e ci sono sicuramente, a colori non ce le mostrerebbero, saremmo turbati da quel mare che non è grigio, come lo vediamo nel bianco e nero, ma è rosso, come lo vediamo comunque con la nostra immaginazione abituata a dare i colori al bianco e nero, ma non ne veniamo turbati, il sangue lo vediamo se vogliamo. Vediamo invece a colori immagini, che ogni anno fanno il giro del mondo, sulla mattanza delle Balene Pilota, note anche come Balene dalle Pinne Lunghe o più prosaicamente Globicefali, una specie di delfino di cui ogni anno si fa una mattanza cruentissima e sanguinaria alle isole Far Oer, in capo al mondo, non sappiamo neanche dove siano e cosa siano, ce ne ricordiamo solo ad ogni campionato internazionale di pallone, quando una delle grandi, grandi poi perché e di che? incontra la “pittoresca e simpatica compagine”, costituita da “tutti dilettanti”, di quello che, evidentemente, è uno stato sovrano, capiamo, addirittura, che è uno stato europeo, ne gioca il Campionato, addirittura non sono neanche gli autori di quella cruenta mattanza, sono un popolo di pastori di splendide pecore, che pascolano in fantastici prati verdi e fioriti, o pescatori, che eroicamente pescano aringhe e merluzzi nelle acque tempestose del nord Atlantico, senza spargimenti di sangue, aringhe e merluzzi sembrano non averne.

Del resto, quando mangiamo il bel tonno, rosso possibilmente, è il più caro, perciò, il più raro e quindi deve essere per forza anche il più buono, non pensiamo che ce lo porta in tavola la mattanza o qualcosa di simile, non si sono visti mai tonni saltare nelle barche dei pescatori liberamente e felicemente ma pare che sia proprio così.



L'ultimo Rais di Favignana ed i suoi luogotenenti
Il Rais dopo ‘sta grande battaglia, condotta con simil maestria si premia con questo piatto, la cui ricetta abbiamo “appreso” a Favignana, in verità l’abbiamo rubacchiata dopo averla grandemente apprezzata in un ristorante delle Egadi. Al di la di tutte le polemiche vi invito a provarla ed a farla anche con altro tonno o consimili come Alelunghe, Alletterati, Palamiti ed altri tonnetti vari.

Ingredienti per 4 persone:
un quarto di polpa di Tonno fresco - Lasagne all’uovo fresche fatte in casa 
una Cipolla Rossa grossa - due cucchiai di Uvetta - un cucchiaio di Pinoli
mezzo chilo di Pomodori da Salsa - dieci cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva
mezzo bicchiere di Vino Bianco secco - uno spicchio di Spicchio di Aglio
quattro rametti di Prezzemolo - due cimette di Menta Fresca - un ciuffetto di Basilico
 tre o quattro cucchiai di Mollica di pane
quanto basta di Pepe Nero al mortaio, Sale Grosso e Fino

Preparare innanzi tutto in un mortaio in pietra o marmo ed un pestello di legno durissimo, proprio quello che si dovrebbe usare per il Pesto (qui le istruzioni), appunto un Pesto con lo Spicchio di Aglio da ridurre subito in poltiglia, aggiungervi il Basilico e la Menta sminuzzandone le foglie con le mani ed il Prezzemolo tritato, per facilitare lo sminuzzamento e l’estrazione delle essenze, aggiungiamo una presa di Sale Grosso, che servirà a conservare il bel colore verde; strofinando e schiacciando contro le ruvide pareti del mortaio, in breve otterremo una pasta, che sarà poi addizionata e montata con due cucchiai di Olio EVO e riposando diverrà un Pesto profumatissimo e gustosissimo, che servirà a dare il tocco finale al piatto da condottiero che stiamo per preparare.

Tostare la Mollica di Pane secondo la ricetta specifica (qui le istruzioni).
Preparare la Salsa dai Pomodori, lavandoli, sbollentandoli e passandoli.
Fare le Lasagne con circa 300 gr di farina e tre uova (qui le istruzioni) e quando metteremo a scaldare l’acqua per bollirvele cominceremo la preparazione della salsa.
Dadolare il Tonno e metterlo a soffriggere in una capiente padella in cui si è scaldato l’olio e fatto sudare il trito sottilissimo della cipolla, quando il Tonno, sarà ben rosolato, sfumarlo con il Vino e quando questo è del tutto evaporato, aggiungere la Salsa dei Pomodori, l’Uvetta, intanto ammollata in poca acqua tiepida, i Pinoli e salare. La cottura deve essere veloce, come è in genere per tutte le cotture di pesce e deve coincidere con quella delle Lasagne, che sono pronte ad essere passate nell’intingolo appena salgono a galla. Il risultato di questo incontro deve essere alquanto liquido, ci penserà la Mollica di Pane a dare la consistenza voluta, aggiungendola un attimo prima di spegnere dopo due vigorose scosse per distribuirla. Fuori dal fuoco irrorare, dando una sola rimestata, con il profumatissimo Pesto e impiattare.






21 ottobre 2012

Risotto con Zucca e Gorgonzola al Mascarpone

Stiamo, almeno guardando il calendario, entrando nella stagione in cui un bel risotto caldo caldo fa piacere. L'estate non è la stagione ideale per quanto, io, che amo molto questo piatto, diciamo, settentrionale, qualche sacrificio lo faccio anche con il caldo, magari aumento la velocità del ventilatore, preferendo nettamente quelli ai frutti di mare, specialmente con le mie amate e conterranee Cozze Nere Tarentine (qui la ricetta).

Ed allora (incipit da matita blu, rossa e tricolore!) facciamo questo risotto. Gli ingredienti per quattro persone sono i seguenti:

quattro etti di zucca - una patata media - una carota media - due cipolle dorate medie
due coste di sedano - tre etti di Vialone Nano - due etti di Gorgonzola al Mascarpone 
due fondi d'olio EVO - qualche ramo di Prezzemolo 
un bicchiere scarso di Vino Bianco ben secco - una spolverata di Pepe Nero 
una manciata di Parmigiano o Grana Padano stagionato - sale  grosso - sale fino per aggiustare


Prima operazione da fare mondare carota, una cipolla e sedano e mettere a fare un bel brodo vegetale, partendo, come si deve, in acqua fredda, salandolo opportunamente, più cuoce e meglio è. In questo brodo abbiamo aggiunto per l'occasione anche un terzo circa della Zucca, fatta a fette, contribuirà a dare un gusto più zuccoso al risotto. Per la verità al brodo vegetale abbiamo aggiunto anche una, non ortodossa patata, qualcosa di gusto l'aggiungerà anche lei, ma l'aggiungiamo più che altro perché ci piace fare uno spuntino caldo a mezza mattinata, aggiungendo solo un pizzico di sale.
Una oretta circa prima di pranzo iniziamo la vera e propria lavorazione, facendo un trito della seconda cipolla e dadolando la rimanente zucca. In terrina con un fondo d'olio facciamo dorare a fiamma bassissima dolcissimamente la cipolla, aggiungiamo la zucca e facciamo continuare la lentissima soffrittura. A questo punto alziamo la fiamma e versiamo il riso, che faremo tostare rapidamente, altrettanto rapidamente faremo sfumare il vino bianco, scomparso aggiungeremo qualche mestolo di brodo e rimestando di tanto in tanto cominceremo la cottura.
Intanto in un fondo d'olio mettiamo a finire di cuocere la zucca già bollita nel brodo, la lasciamo quasi disfare schiacciandola e rimestando. Quando sarà sfatta ed il risotto sarà quasi cotto, l'aggiungeremo dopo averla cosparsa di prezzemolo tritato.
A metà cottura del risotto cominceremo a risottarlo, rimestando continuamente ed aggiungendo il brodo poco per volta e solo quando il precedente è del tutto assorbito ed evaporato. Alla fine il riso dovrà essere ben al dente e la consistenza alquanto fluida.
A fuoco spento, incorporiamo il gorgonzola al mascarpone, ridotto a pezzetti, spolveriamo di Pepe Nero al mulinello e Parmigiano grattugiato. E' il momento di correggere di sale e consistenza, deve essere molto all'onda, quasi liquido, seguiranno cinque minuti di riposo in terrina coperta, che gli daranno la giusta consistenza all'onda. 

5 ottobre 2012

Peperoni Topepo Ripieni di Melanzane Rosse

Canuònece Mbuttnàte - Abbiamo letto il post di Ornella Mirelli nel blog Ammodomio dedicato a questa preparazione di peperoni ripieni di melanzane, ci ha convinti pienamente e l'abbiamo seguito quasi alla lettera. Le uniche differenze sono state negli ingredienti fondamentali, abbiamo usato Peperoni Topepo e Melanzane Rosse di Rotonda, inutile dire che il risultato è stato ottimo, ripeteremo sicuramente l'esperienza. Per il post in Ammodomio clicca qui.
I peperoni topepo li potete vedere nella foto qui sotto, sono quelli che somigliano a dei grossi pomodori, anche le melanzane rosse le potete vedere nella foto qui sotto, sono quelle che somigliano a dei grossi pomodori, dunque la differenza tra peperoni topepo e melanzane rosse sta solo in "quelli" e "quelle". Sarà tutto chiaro, o quasi, leggendo la didascalia della foto qui sotto.

Sopra da sx a dx: Zucchina, Peperone Topepo, Zucchina, Melanzana Rossa
Sotto da sx a dx: Melanzana Rossa, Peperone Topepo, varie Melanzane Rosse




3 ottobre 2012

Melanzana Rossa di Rotonda ripiena e Spaghetti

Chi fosse interessato alla sola ricetta legga la sola parte scritta con questi caratteri e di questo colore

Melanzana Rossa di Rotonda. Rotonda è un paesino lucano di poco più di tremila abitanti, è all'interno del Parco Nazionale del Pollino, proprio sul confine calabrese, il principale punto di partenza degli itinerari del parco dalla parte lucana. Pare che i semi di questa particolare melanzanina, detta per il suo particolare aspetto Merlingiana a Pummadora, cioè Melanzana a Pomodoro, diffusa originariamente, il nome scientifico di Solanum Aethiopicum ne è testimone, nell'areale sia africano che indiano posto intorno all'Oceano Indiano, siano stati portati da un soldato, rientrando dalla disgraziatissima guerra d'Abissinia, quindi presumibilmente intorno al 1896. Molte fonti parlano di importazione da parte delle famiglie che da li scapparono agli inizi della seconda guerra mondiale, che vide tornare quelle terre ai legittimi proprietari. A me piace sposare la prima tesi, mi domando infatti perché, se valida la seconda, solo a Rotonda sia arrivata questa pianta? L'unicità mi fa pensare all'iniziativa piuttosto casuale di un singolo più che a coloni, questi avrebbero dovuto coltivare anche prodotti locali oltre a quelli italiani, al rientro in Italia avrebbero pensato di portarsene le semente, ripeto questo avrebbe dovuto portare la Melanzana Rossa in più luoghi in Italia, molti erano infatti i luoghi di provenienza dei coloni d'Africa. Fino a qualche tempo fa, quando non se ne parlava affatto la cosa era plausibile, ora che anche le reti televisive nazionali se ne occupano è pensabile che qualche altra isola di produzione sarebbe venuta fuori a rivendicare primogeniture o, quanto meno, strettissime parentele.


Mi piace immaginare questo contadino lucano, cresciuto in uno dei posti più impervi d'Italia, quasi sicuramente analfabeta ed ignaro di tutto, la sua vita probabilmente fino ad allora era stata a contatto più con la natura selvaggia che con altri uomini, vede questi frutti e sicuramente non capisce cosa siano. La pianta in un certo qual modo gli è familiare, molto simile a quella delle melanzane, che coltiva al paese, solo con foglie più grandi e lisce, forse un verde diverso, ma colore e forma del frutto fanno pensare più ad un pomodoro, al limite ad un peperone, ma mai e poi mai ad una melanzana, quelle a lui note sono strette e lunghe e con colori che vanno da un nero violaceo ad un bianco, quasi uniforme, il picciuolo, però, è proprio uguale. Forse ne ha rubate alcune ed ha provato a cucinarle più per fame fisica che per fame di conoscenza. L'aspetto dell'interno ed il gusto, sia pur leggermente diverso, gli ha confermato che si trattava proprio di melanzane. Forse è ritornato in quel campo e questa volta ha cercato e trovato il suo collega della vita da uomo civile, di quando il rispetto se lo era guadagnato parlando poco e giusto, facendo le cose dopo averci pensato e "non come qua che il rispetto è dovuto a uno perché c'ha i gradi e ci si fa rispettare da quei poveri neri perché si cammina sempre in gruppo e con le armi spianate". Sicuramente si saranno facilmente intesi con il linguaggio dei segni e sarà riuscito a procurarsi dei semi, avrà dato in cambio, sicuramente qualcosa di prezioso per entrambi, tra colleghi le esigenze si conoscono, sono le stesse, forse un bel coltello, probabilmente di Avigliano, il paese dove, secondo lui, fanno i migliori coltelli del mondo, dove tutti "i Briganti che volevano al Re Borbone" si andavano a rifornire. Quando pensava ai briganti si lasciava scappare "che forse avevano pure ragione", poi scacciava quei pensieri, non avrebbero potuto che portargli guai, lui doveva solo pensare a tornare a Rotonda, per aiutare i genitori. Erano ormai vecchi, qualche altro anno e ne avrebbero avuti cinquanta di anni, avevano visto pure Garibaldi, "una notte aveva pure dormito al paese suo", doveva sposare la sua ragazza, "non l'avevano fatti ziti", "quando torni da soldato", s'era capito che aveva pensato, se torni, "ti fai fidanzato", aveva detto il futuro suocero, dopo che con i suoi genitori avevano tanto parlato e pure litigato per la "robba". Si vedeva però che sotto-sotto erano tutti contenti, li avevano cresciuti pensando a questo e spesso c'avevano scherzato e fatto battute, facendoli arrossire, ottenendo il solo risultato che da bambini non si potevano proprio vedere, come si incontravano si accapigliavano, quando poi da grandicelli era cominciato un "certo interesse" reciproco, i genitori avevano fatto in modo che non si incontrassero più e se proprio doveva accadere, c'era sempre una delle due mamme presente, specialmente quella di lei.
Chi sa con quanta accortezza avrà custodito quei semi, quanto avrà pregustato la meraviglia, la curiosità, l'invidia, che un tale frutto avrebbe suscitato tra i suoi compaesani, l'aumento di stima che glie ne sarebbe venuta, specialmente tra i parenti e dalla sua bella, che gli interessava più di tutti. 
Tornato civile, alla prima occasione di giusta stagione, aveva interrato i semi. Aveva ancora in dosso la divisa, così si usava allora; al concedo si tornava a casa con la divisa che s'aveva indosso. Quant'erano fortunati ed invidiati quelli che si congedavano in inverno, potevano portare a casa un completo abbigliamento di buona lana, che si sarebbe fatto durare per molti anni, rappezzando all'infinito, pezze su pezze finché le pezze sarebbero state più della stoffa originale. Con quanta trepidazione avrà atteso che spuntassero le piantine, le avrà poi trapiantate, mettendo il migliore letame possibile, scegliendo il posto migliore dove accogliere la migliore esposizione al sole, capiva che questo era un punto debole, non poteva mai essere lo stesso della calorosissima terra d'origine, in compenso avrebbero avuto acqua migliore e maggiore. Quanta gioia avranno portato al suo cuore l'accrescimento, i boccioli, i primi fiorellini e poi i primi abbozzi di frutto e poi . . . l'apoteosi e tutti i riconoscimenti sognati, anche di più.
I primi frutti li avrà portati a qualche chiesa, forse al vicino ed antico Santuario della Madonna della Consolazione, erano belli come fiori, e poi nelle sapienti mani della madre che, forse un pochino scettica, li avrà cucinati con tutta la maestria della sua cultura contadina; per quel suo figlio "troppo intelligente, avrebbe dovuto studiare ma come si faceva? come avrebbero potuto mai fare a meno delle sue braccia giovani e forti? quanti rosari avevano detto e quanta fame avevano patito quando i piemontesi, opera loro era stata, che prima, ai tempi del Re Borbone, non s'andava per forza al militare, l'avevano fatto andare militare e alla guerra all'Africa, posti che non aveva sentito mai, c'era arrivato dopo giorni e giorni soprain mezzo al mare, che la terra non si vedeva da nessuna parte,, così gli aveva letto il prete sopra la lettera che gli aveva scritto il sergente". Per la grande occasione di quel figlio avrebbe preparato pure, con la Semola di Grano Duro, "duje Rasckatell" o "duje Makkarrun cu Frrzul" condendoli con il sugo fatto con qualche cucchiaio di bianchissima sugna, queste strane melanzane e i soliti pomodori rossi, completando con un pugno di Cacioricotta di Capra e un bel ciuffo di Vasnicola (il basilico). Non lo sapeva ma presto la sua terra si sarebbe chiamata Basilicata. Quel giorno per quel figlio avrebbe fatto le cose in grande, le Murignane M'buttunate, avrebbe fatto come faceva spesso con le altre melanzane, anzi con queste tonde sarebbe stato più facile che con quelle loro strette e lunghe, sperava d'avere tutti gli ingredienti, se no sarebbe andata in cerca per il paese, per quel figlio lo doveva fare, e avrebbe trovato sicuramente tutto.

Le sarebbero serviti solo per le melanzane ed il loro sugo: 
un chilogrammo di Melanzane Rosse - due Uova - un poco di Pane Duro - un pizzico di Origano

un pugnetto di Capperi sotto sale - uno spicchio d'Aglio - un ciuffetto di Prezzemolo
un pugnetto di Pecorino grattugiato - abbondante Sugna (sostituibile con Olio EVO) 
due Peperoncini - un pugno di Sale Grosso - un ciuffo di Basilico

Con la santa pazienza la madre dell'ex soldato per forza, rimasto sempre contadino, aveva innanzitutto pestato il salgemma nel mortaio ed aveva ottenuto una quantità abbondante per qualche giornata di cucina, solo un poco l'aveva fatto fino, fino, lo usava solo per aggiustare di sale o condire un pomodoro, una fetta di pane, ecc... S'era messa allora a preparare le melanzane  tagliando la sommità, scavando la polpa il meglio possibile, facendo attenzione a non intaccare la buccia, e poi aveva messo tutto a scolare cosparso di abbondante anche se prezioso e costoso sale, ma oggi è come una festa per quel figlio, che si merita tutti i loro sacrifici, avrebbero solo voluto avere la possibilità di farne di più, quando la povertà è tanta anche i sacrifici sono un lusso.
Tra un poco, quando avrà visto che è scolata un bel poco d'acqua, portandosi via l'amaro, sminuzzerà la polpa, che, a differenza delle altre melanzane, non annerisce, "bho sarà 'na cosa buona?" Intanto inizia a preparare i pomodori, li deve, prima di tutto, lavare bene bene, la prima acqua, piuttosto sporca la userà per innaffiare le piante degli odori che ha sul davanzale della cucina, quella del risciacquo, che è pulita, la metterà nel secchio, dopo cucinato e mangiato ci laverà per terra. Dopo che padre e figli se ne erano andati "u matine d' notte" (albeggiava appena), quando è rimasta sola, è andata alla fontana con il barile in testa per prendere l'acqua. Dopo che tutti si sono lavati prima di andare in campagna, ne è rimasta proprio poca. Finito di preparare, aveva ripulito la tavola e tutto era finito nel secchio del pastone del maiale, che quest'anno, se si sarebbe fatto il matrimonio ne sarebbe servito anche un'altro, già crescerne uno era una fatica e un sacrificio, per due sarebbe stata proprio dura, si sarebbe tolta quel poco di pane di bocca e i suoi piatti sarebbero rimasti con la "crianza pu porch", ci sarebbe stato da ridere a questo pensiero se la fame l'avesse lasciato fare. Era buona creanza, voleva dire che s'era stati cresciuti bene, lasciare sempre qualcosa nel piatto offerto dagli estranei, si sarebbe fatto vedere che non si era morti di fame, e si diceva, quando di qualcosa ne rimaneva un pochino, ma tanto poco da essere inutile: a crianz du cardalan. Tutti gli artigiani che passavano per aggiustare le scarpe, per stagnare e riparare le pentole, e altro, tra cui cardare la lana dei materassi e dei cuscini "u cardalan", provenendo spesso da altri paesi, ricevevano anche vitto e alloggio, il cardatore di lana aveva evidentemente quell'abitudine.

Finito di preparare era uscita di casa. Le avevano insegnato che quando si camminava così non si doveva stare in ozio, si doveva pregare, perché non venissero i brutti pensieri, ma lei sapeva di non averne granché bisogno; brutti pensieri, quelli proprio brutti non li sapeva neanche, chi glieli avrebbe dovuti mettere in testa? Come al solito, avviandosi, aveva scherzosamente pensato che è stata sfortunata anche in questo, la strada è in discesa all'andare, "alla mmersa aviana jess" (al contrario sarebberoVeniva  dovuto essere). Questo le faceva ogni volta tornare alla mente una delle barzelletta che il marito raccontava prima e spesso. Era giovane, i figli erano piccoli e non c'erano tutti i dolori di adesso ad incupirlo. Che bel pezzo di ragazzo che era, bruno bruno e con gli occhi come due tizzoni, era proprio bello, lei non lo sapeva, non lo poteva sapere, ma qualche antenato probabilmente veniva da non lontano dalle melanzane, che avrebbe cucinato tra poco. L'aspetto di lei era all'opposto, molto chiara di carnagione, con capelli, ora bianchi, che erano stati quasi biondi, ma il suo punto di forza era stato, gli occhi dal colore acquamarina, che viravano spesso sul viola, era, molto probabilmente, e neanche questo poteva immaginare, una figlia dei freddi mari del nord, una eredità lasciata da qualche poderoso vichingo della guardia personale di quel Federico II, innamorato di quelle terre e della vicina Puglia. La sua singolare bellezza le aveva fatto avere molti corteggiatori, lei aveva scelto lui, l'aveva conquistata anche con la simpatia, sicuramente non con le ricchezze, che quel poco di terra, che gli permetteva di essere tra i quasi benestanti del paese, l'aveva portata lei. La "buonanima" non lo voleva e non lo voleva, ma poi per fare felice quell'unica figlia, si era piegato per ritrovare la pace in casa. La madre "santa donna, l'unica che lo sapeva prendere", si preoccupava, povera donna, di questa figlia che stava ancora in casa e aveva quasi vent'anni, troppo bella ed intelligente e a molti questo dava fastidio, incuteva timore.
Il ricordo torna alla barzelletta e al marito che raccontava di un somaro che quando, carico, doveva affrontare una salita, tra un raglio ed un altro, diceva ". . . l' cristiene (gli uomini, cristiani per antonomasia), dicene ciucc a nuje (chiamano asini a noi), hanno frabbricate l' vije (fabbricato le strade) a pennino (in salita), non potevano farle tutte d' cape abbasce (in discesa)?", allora lei si distraeva a pensare che qualcuno le aveva detto che le loro montagne facevano parte degli Appennini, "che strana coincidenza, era una coincidenza? ma perché pensava sempre e le venivano queste idee, che facevano ridere tutti gli altri" tornava subito alla realtà perché a questo punto, solo perché lui sapeva raccontare, tutti, pur avendo sentita questa storiella tantissime volte, ridevano e ridevano, intanto lui ripeteva, a beneficio di qualche improbabile nuovo della compagnia, "quanto sono . . ." e a questo punto lui imitava benissimo un raglio, ci sarebbe voluta una brutta parola, non era bello pronunciarle davanti ai figli, tutti lo capivano che voleva dire "fessi" l' cristiene . . . . , così che tutti sarebbero stati felici, ognuno rideva anche per far ridere gli altri, si sa "la risa" è contagiosa e fa buon sangue.
Così sorridendo, alla conclusione della storiella, era spuntata nel largo della fontana, le altre donne avevano sospeso il "rosario" delle "cronache correnti", perché questa sorrideva? cosa aveva da ridere? fosse stata ancora giovane, chi sa cosa le avrebbero "ricamato" addosso. La fontana era il gazzettino del paese, tutte le novità si conoscevano lì, lei era stata ben contenta di aggiungere un'altra cronaca al gazzettino del giorno e aveva raccontato a chi ancora non lo sapeva, in effetti nessuno il paese era piccolo, dei semi che il figlio aveva portato dall'Africa, delle Melanzane Rosse, che erano cresciute, e di come le avrebbe cucinate, tutte vollero sapere e si fecero anche promettere un poco di semi. Questo però, lei aveva risposto, erano cose da uomini e, avendo riempito l'acqua s'era avviata verso casa.
Quanta fatica ormai, a casa non l'aveva detto, ma a metà strada doveva fermarsi per riprendere fiato, gli anni si facevano sentire, erano cinquanta e passa. Per prendere il grosso dell'acqua occorrente, una o due volte alla settimana il marito, tornava dalla campagna che c'era ancora la luce, si faceva prestare l'asina dal vicino e faceva un carico di acqua, portando due barili grandi alla volta. Non potevano però approfittarne troppo anche se fra di loro c'era "u San Giuann", i vicini le avevano battezzato due figli e loro avevano ricambiato battezzando l'unica figlia loro, che adesso avevano "fatta fidanzata" con il figlio grande, quello delle melanzane, comunque, anche se c'era la mezza parentela, è sempre meglio non crearsi troppe obbligazioni. Ultimamente, però, insisteva meno con il marito, se le portava una soma in più d'acqua non le dispiaceva per niente, certo che se l'avesse sentita e si fossero fatti fare altri due barili ancora più grandi molto meglio sarebbe stato. Alla prossima mietitura, se l'annata fosse andata bene, si sarebbe potuto pensare a crescere un maiale in più da dare al falegname che glieli avrebbe fatti di sicuro due barili di quelli buoni, forse anche con gli anelli di ferro invece della solita ginestra, che ogni tanto andava cambiata e che spesso s'allentava.
Questi erano i pensieri che quella donna avrebbe potuto fare, di sicuro somigliavano, qualcuna li faceva sicuramente. Quello di cui possiamo essere assolutamente sicuri è di come si approcciò e portò avanti la preparazione del piatto che avrebbe messo avanti ai figli e al marito al ritorno dalla campagna quella sera.
I pomodori, dopo averli lavati, mondati delle imperfezioni e aperti a metà, recuperando semi e liquido, che son buoni per condire una fetta di pane o una frisella, quindi li ha sbollentatiPer questo, come al solito, la prima cosa che ha fatto appena alzata è stata riavviare il fuoco scoprendo le braci coperte la sera prima; ha messo delle ramaglie sopra, quindi qualche rametto più grosso e quindi un ceppo, che avrebbe fatto durare l'intera giornata, aggiungendo ogni tanto qualche ramo per fare la brace da mettere nel fornello e cucinarvi altre cose. Stasera, sperando in Dio, avrebbe fatto la stessa cosa di ieri sera, sapientemente avrebbe coperto di cenere le ultime braci, lasciando uno spiraglio piccolo, piccolo, il fuoco avrebbe così covato sotto la cenere senza spegnersi, i fiammiferi sono assai cari e non se ne può sprecare uno al giorno.
Per sbollentare i pomodori li ha messi nella caldaia appesa al cielo del focolare. Ha rigirato i pomodori finché non li ha visti appassiti, tolti dal fuoco, li ha posti a scolare, raffreddare e passare. Li deve alquanto raffreddare perché per passarli usa un setaccio di alluminio, una specie di colapasta a fondo piatto, i pomodori schiacciati e strofinati, daranno la loro salsa. Fra una cosa e l'altra s'è fatto mezzogiorno, ha sentito il suono della campana che lo annuncia ed allora si ferma a mangiare qualche cosa. Questa mattina, andati tutti via, ha mangiato solo un pezzetto di pane e bevuto una mezza tazza di latte della loro vacca, allungato con il caffè di orzo, senza zucchero o altro, sono cose per ricchi, li si può usare solo per fare qualche dolcetto a Natale e a Pasqua, anche perché è la devozione.
Peperoni e Patate
Ha veramente fame e mangia ciò che è rimasto del pasto preparato e fatto portare a marito e figli perché anche loro lo mangiassero a mezzogiorno, Peperoni e Patate (cliccare per ricetta), prodotti nel loro orto, agli uomini c'ha rotto anche un uovo a testa. Che fortuna ad avere quella dozzina di galline, che si crescono da sole nel burrone in mezzo ai fichi d'India, al riparo dalla volpe e dalla faina. Ha scavato ad ognuno un "cugno" di pane, ha pressato tutto dentro e l'ha chiuso con una fetta, adesso che lo mangeranno, sarà tutto bello inzuppato di sugna e ancora caldo, loro sanno come custodirlo, avvolto nelle "robbe" che si tolgono prima di mettersi al lavoro. Lei lo mangerà accompagnando con quella mollica che ha scavato, per sé l'uovo non l'ha messo, meglio conservarle agli uomini, sono grandi e grossi e fanno tanta fatica, poi oggi gliene servono per il ripieno delle melanzane, anzi, siccome ne ha quattro o cinque, l'estate ce n'è abbondanza "grazie al cielo" ha pensato, segnandosi, invece di fare i rasckatelli, con solo acqua e semola, farà i maccarrun cu u frrzul, che vengono meglio con due uova.
Maccarrun cu u frrzul - Maccheroni ottenuti con l'uso del ferro quadrato (Frrzul) che si vede per traverso
Mentre mangiava, pensava a quello che avrebbe fatto ed alle priorità da dare, le cose erano tante e non voleva sbagliare. Doveva innanzitutto impastare la pasta e poi passare a preparare il resto tra cui pestare il pane duro nel mortaio e grattare quel poco di formaggio che serviva. Ce n'era ancora una formella sana e una appena iniziata, ultima rimanenza di quello fatto nell'inverno di due anni fa, quello di quest'anno era ancora troppo fresco, di questo se ne mangiavano qualche fettina ogni tanto, un poco l'avrebbero mangiato ora che sarebbero state mature le pere, prima di metterle sotto aceto, per far mangiare le donne alla mietitura. Conservava tutti i pezzetti di pane che restavano sulla tavola e la mollica che scavava qualche mattina, facendoli indurire, proprio per fare i ripieni, il resto lo mischiava con quello che le portavano i vicini, lei ricompensava sempre con qualche uovo fresco, un poco di pane lo dava al maiale, che cresceva in un recinto con ricovero di fianco alla casa, un poco lo mandava per darlo alle galline. Il marito preparava con il pane, la crusca e qualche poco di granone, grano e orzo spezzati, tutte cose che si coltivava, un pastone, che metteva nell'aia così che le galline, il tacchino, qualche coniglio e i colombi stessero meglio e conservassero l'abitudine della dipendenza da loro, altrimenti si sarebbero inselvatichiti; per questo ogni mattina qualcuno, di solito il figlio più piccolo, cambiava l'acqua delle scodelle, perché ne avessero sempre di fresca, buona e dalle loro mani, la paura era che altrimenti per cercarla si allontanassero troppo, trovando altri posti dove stare bene e predatori in agguato vicino a qualche pozza d'acqua. E' vero che c'era sempre qualche poiana o falco e anche aquila a tenere d'occhio l'aia ma il cane era sempre vigile e pronto a scattare se qualcuno di questi si fosse fatto troppo aggressivo; si dovevano accontentare di qualche piccione, tanto questi erano e non erano i loro, giravano sempre e si fermavano dove trovavano ricovero e da mangiare comodamente. Mangiando pensava pure che quest'anno avrebbero dovuto scambiare qualcosa per farsi dare alcune galline perché le chiocce che c'erano state erano giovani e si erano persi quasi tutti i pulcini; finì e iniziò il vero lavoro della cucina. Per fare la pasta ha preparato una bella fontana di Semola di Grano duro, appena setacciata con il setaccio fino, separando un poco di semolino, sempre buono per qualche minestrina calda o per qualche bambino da svezzare nel vicinato e la crusca da dare agli animali, vi aveva rotto due uova, un pizzico di sale fino e aggiunto dell'acqua appena tiepida, presa dalla pentola di terracotta che tiene sempre appoggiata sul pavimento del focolare, ha così sempre dell'acqua, che lasciata stare diventa anche molto calda, arriva quasi all'ebollizione e sarà buona per cuocere la pasta.
Le dosi moderne sono circa ottanta grammi di semola a testa, un uovo ogni due o tre commensali e l'acqua un po' meno di un terzo del peso della semola. L'impastamento è continuato fino ad ottenere un impasto bell omogeneo, lo ha messo a riposare in una coppa coperta da un piatto. Ora si dedicherà alle melanzane, innanzi tutto dà una fugacissima sciacquata ai gusci, che ha rimette a scolare, la polpa delle melanzane la tritura con di due coltelli. Intanto ha messo un tre piedi nel focolare, vi ha poggiato una scodella di rame con della sugna e ha tirato della brace sotto, deve friggere i gusci delle melanzane, dopo averli asciugati ben bene, curando che l'olio o sugna bollenti vadano anche all'interno. 
Per friggere utilizza la sugna, ne ha in abbondanza, il maiale, che macellano ogni anno, ne dà tanta, se hanno abbondanza di granone, fave, patate, ecc... per ingrassarlo. Il grasso di cui dispone una famiglia è la misura della sua ricchezza e della bontà dell'annata agricola precedente. Un buon raccolto garantisce non solo con le scorte di granaglie e patate il superamento dell'inverno ma anche con la possibilità di ingrassare meglio qualche maiale in più dello stretto necessario. L'olio che producono dai loro olivi, con i metodi e le possibilità di allora, è spesso molto acido, tolta quella piccola parte di "lacrima", il primo che esce dalla pasta delle migliori e meglio raccolte olive che hanno, usato per condire a crudo poche cose, qualche rara insalata, qualche rara verdura lessata o per il panecotto di qualche neonato o malato, la gran parte non entra mai nel cucinato, serve più che altro per lubrificare, fare sapone fino o fare luce bruciando nei lumi, unica illuminazione disponibile per quelle poche ore di buio che devono vincere la sera tardi e, più che altro, la mattina presto, per il resto quando è buio si dorme.
Fritti i gusci, conserva una parte della sugna utilizzata, le servirà per altre fritture e per fare il sapone, una parte abbondante rimane in padella e vi sfrigge due spicchi di aglio tritato (ovviamente la versione moderna, rivista e corretta prevede olio di oliva al posto dello strutto e l'aglio soffritto, che può essere eventualmente, solo schiacciato, così da poterlo togliere), quando è imbiondito segue la polpa sminuzzata delle melanzane e dopo un po' continuando a rimestando sempre qualche pomodoro fatto a pezzettini e qualche foglia di basilico strappata a mano, questo deve cuocere lentamente fino a tornare a condimento, girandolo ogni tanto. A questo punto mette da parte in un'altra scodella la polpa, grondante e nel grasso rimasto ed ormai molto saporito aggiunge un altro spicchio di aglio, lo fa imbiondire e vi versa la salsa del pomodoro, con due peperoncini ed ancora un ciuffo di basilico, sala opportunamente con sale grosso. Questo sugo deve solo bollire e prosciugarsi rapidamente. 
Il movimento per ottenere i Maccheroni grazie al Ferretto quadro

E' finalmente giunto il momento di fare la pasta. Per la formazione della pasta vi rimando allo specifico post, lo aprirete cliccando qui.
Facendo la pasta trova il tempo di fermarsi e dedicarsi al ripieno delle melanzane. La polpa cotta e ben unta è ormai abbastanza fredda e può incorporare le due uova, il formaggio grattugiato, l'origano frantumato, i capperi dissalati e spezzettati, qualche foglia di prezzemolo  tritato ed infine il pane grattugiato, tanto finché il ripieno assume una consistenza soda. Con questo impasto riempie i gusci delle melanzane, sarà matematico che ne avanzerà per farne delle polpette. Le melanzane ripiene e le polpette vengono adagiate in un ampio tegame di terracotta in cui c'è la salsa del pomodoro prossima all'ebollizione. Fatta tornare l'ebollizione sistema "a tiana" (il tegame) sul pavimento caldissimo del focolare, cuocerà lentissimamente per questo calore e per quello del riverbero della fiamma, alimentata con parsimonia ma con costanza. La versione moderna recita: far tornare l'ebollizione e poi metterla ad una fiamma bassissima, tipica lenta cottura in terrina.   
Ora non resta che terminare di fare la pasta e farla asciugare un pochino. 
All'arrivo "dei suoi uomini" l'acqua, che è nella caldaia appesa nel focolare, sarà prossima all'ebollizione, basterà mettere sotto un pezzo di legno ben secco e un poco di fascine, la fiamma si ravviverà e l'ebollizione partirà. Bollita la pasta, non resterà che condirla con la salsa, cotta con le melanzane, sarà saporitissima, ed aggiungere una generosa manciata di cacioricotta di capra, quello cagliato con il latte dei rametti di fico, ben stagionato. Come secondo piatto servirà le Melanzane e le polpette fatte con il ripieno in più, una sorta di polpette di pane, arricchita dalla gustosa e consistente polpa di questa deliziosa ed esotica melanzana che venne dall'Etiopia.
E' sicura che questa sera il marito le dirà: "Andate a prendere una bottiglia di vino speciale, quello che conserviamo per le grandi occasioni. Questa è una una grande occasione con queste melanzane straniere che arrivano sulla nostra tavola da tanto lontano; festeggiamole degnamente, daremo così un senso anche all'andata alla guerra di nostro figlio".

Ebbene si, allora tra moglie e marito e da parte dei figli nei confronti dei genitori si usava dare il "voi", i coniugi il "tu" lo usavano nell'intimità o per rivolgersi ai figli e ai braccianti.
Questo "voi" era ancora in uso tra alcuni miei cugini, miei coetanei. L'ho sentito usare ancora normalmente ai miei genitori, nati entrambi intorno alla prima decade dello scorso secolo, rivolgendosi ai nonni, nati negli anni in cui si sarebbe potuta svolgere questa storia. I miei nonni avrebbero potuto anche essere i figli di quel soldato fortunatamente rimasto contadino.

Per semplificare noi, questa volta, abbiamo preparato questo piatto sostituendo i maccheroni con degli ottimi spaghetti di grano duro, profilati al bronzo ed essiccati lentamente, prodotti da uno dei migliori pastai italiani.
Evidentemente questa ricetta è il facile adattamento alle Melanzane Rosse di Rotonda della classica ricetta di Melanzane Ripiene per le quali si possono adoperare alla stessa maniera le normali melanzane di qualsivoglia forma e colore.
Due Melanzane Tonde di Rotonda Ripiene, una Polpetta del loro abbondante ripieno e Zucca estiva Dorata e Fritta ripiena di Provola Affumicata
Con questa ricetta partecipiamo al contest dedicato ai cocci del caro amico Max "Un Coccio al Mese per 12 Mesi" per il mese di Ottobre
Con questa ricetta abbiamo vinto il contest dedicato ai cocci del caro amico Max "Un Coccio al Mese per 12 Mesi" per il mese di Ottobre
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