La dieta si fa contenendo le quantità non la qualità

29 aprile 2013

Spaghetti Aglio, Olio e Finocchietto

Mesi ideali per questo piatto: Aprile - Maggio

Ingredienti per quattro amici con un buon appetito:
quattro etti di Spaghetti di Grano duro - dieci cucchiai di Olio EVO 
due o tre spicchi di Aglio Fresco - uno o due Peperoncini secchi - otto filetti di Alici sottosale 
due manciate di Mollica di Pane Pugliese asciugata
un mazzetto di Finocchietto Selvatico - quanto basta di Sale grosso


Lavare a fondo il Finocchietto Selvatico, asciugarlo e sfilare in buona parte i ciuffetti di aghetti, lasciare solo qualche ramo sano per guarnire. I rami nudi metteteli a bollire nell'acqua che servirà per la pasta, l'arricchiranno di sapore, soprattutto profumo e, cosa che non guasta, colore. Una attenzione da tener presente in tutte le varie versioni di "Aglio e Olio", l'acqua della pasta va salata con un pochino di generosità in più, è l'unico sale che metteremo a parte quello contenuto nelle acciughe.
Dissaliamo grossolanamente, non sotto l'acqua, le acciughe e ricaviamone i filetti, le nostre sono fatte in casa secondo la ricetta, che troverete cliccando qui. Prepariamo l'aglio come meglio si crede, noi lo affettiamo sottilmente e lo lasciamo nell'olio, se pensate di lasciarlo sano per toglierlo, almeno schiacciatelo e raddoppiate la dose.
Prepariamo la Mollica di Pane, noi ne abbiamo sempre una scorta in un barattolo in frigo. Lo rinnoviamo continuamente secondo la ricetta, che otterrete cliccando qui
Mettiamo la padella a scaldare a fiamma di candela con Olio, Aglio, Peperoncini spezzati e un ciuffetto di Finocchietto. 
La nostra preparazione "a fiamma di candela" è talmente dolce e lenta che la mettiamo a fare insieme all'acqua della pasta. Più o meno quando butteremo la pasta l'aglio si sarà colorato, è il momento di mettere i filetti di acciuga, che aiuteremo a sciogliersi, rimestando e schiacciando con un cucchiaio di legno a fiamma sempre bassissima.
Solo quando la pasta è ben al dente la scoliamo, alziamo la fiamma sotto alla padella, anzi per meglio dire, cambiamo fornello, la mettiamo su uno grande e vi versiamo la pasta e quasi tutto il finocchietto rimasto, rigiriamo e rimestiamo, solo all'ultimo momento, prima di impiattare, mettiamo buona parte della mollica. 
Alla fine guarniamo con del Finocchietto e Mollica

28 aprile 2013

Linguine con Seppie e Finocchietto

Mesi ideali per questo piatto: Aprile - Maggio

Questa è una ricetta che può essere fatta soltanto in due mesi ben precisi in cui è disponibile il Finocchietto Selvatico ancora piccolino, Aprile e Maggio; questo periodo coincide con quello di massima abbondanza di Seppie, che si avvicinano alle nostre coste per accoppiarsi e depositare le uova e possono essere facilmente catturate anche dalla piccola pesca con nasse, reti da posta, fiocina, retino. Ci sono località in Puglia come Manfredonia dove in questo periodo tutta la popolazione si dedicava a questa pesca tanto da chiudere le macellerie.
Generalmente in Puglia, se si conoscono i mercatini della piccola pesca, si trovano Seppie freschissime, tanto da essere ancora vive. Ne indichiamo due per tutti: Taranto il mercatino da Sces du Vast e Bari il mercatino di n'Terr a la Lanz. Spiego meglio: Taranto, città vecchia, a dx subito dopo il Ponte Girevole c'è una discesa a metà di questa il mercatino, a Bari in fondo a viale Cavour alla destra del Teatro Margherita potrete trovare la roba giusta d'ogni stagione, occhio però, m'assumo solo la responsabilità per Ninuccio, lo trovate solo la domenica in fondo e per traverso, vicino al chiosco, gli altri giorni è al Mercato di Santa Scolastica, quello vicino al carcere, al box 101. Per non sbagliare in altri posti, prendete quelle che si muovono. Generalmente tutti ve le possono pulire, fatevi conservare la vescichetta del nero e, se femmine, quelle più piccole, le mammelle, in effetti le ovaie, sono prelibate.

Ingredienti per i soliti quattro:
tre etti e mezzo di Linguine 
due o tre Seppie 
una grossa cipolla fresca 
un piccolo spicchio d'aglio fresco
otto cucchiai di Olio evo
tre quarti di Salsa di Pomodoro
un mazzetto di Finocchietto
quanto basta di Sale grosso
quanto basta di Pepe nero

Pulire o farsi pulire le Seppie conservando le mammelle e le vesciche del nero, ne servirà circa la metà. Tagliarle a fettuccine e porle a soffriggere vivacemente in una terrina in cui hanno lungamente soffritto in Olio Extra Vergine di Oliva le cipolle, affettate molto sottilmente, e l'aglio, lasciato sano, appena rosolate, togliere l'aglio, aggiungere la salsa di pomodoro e farla ridurre alla giusta consistenza salando e pepando moderatamente. Il sale c'è già nell'acqua contenuta nelle seppie e il nero ha un che di piccante, che va avvertito.
Prepariamo il finocchietto, lavandolo ben bene e sfilandolo dagli steli, se si vuole, se ne conservano alcuni rametti sani per guarnizione. Gli steli nudi li abbiamo messi a bollire nell'acqua della pasta, le aggiungeranno sapore e profumo.
Quando la salsa è quasi pronta e la pasta sta cuocendo in acqua salata, aggiungere il nero e buona parte del finocchietto, dovrà risultare nera ma non troppo. Rimestare ben bene ed aggiungere la pasta molto al dente, avviluppandola nel condimento. Una vera leccornia, peccato che il periodo del finocchietto sia così breve.



26 aprile 2013

Ditaloni e Piselli con Ragù di Carne

Inauguriamo da questo post un servizio che a nostro insindacabile parere potrà tornare molto utile. All'inizio di ogni ricetta saranno indicati i mesi ideali in cui realizzarla, saranno i mesi in cui gli ingredienti più importanti sono reperibili freschi al mercato e non solo, saranno anche i mesi in cui la loro produzione è in campo nel nostro territorio o nei territori più idonei alla loro produzione. Man mano che avremo la possibilità di farlo questo sarà esteso anche alle ricette precedentemente pubblicate.


Mesi ideali per questo piatto: Aprile - Maggio

La cara e vecchia Pasta e Piselli è il piatto proprio di questi giorni, siamo in aprile, i piselli al mercato sono freschi ed abbondanti e di conseguenza a buon prezzo, non so se ve ne siete accorti, non vorrei mai che raccogliendo il nostro suggerimento, per cattiva abitudine, andaste al banco dei surgelati a prendere i soliti "Pisellini piccoli e dolci" tutti uguali, tutti con lo stesso sapore, con lo stesso identico punto di maturazione, con lo stesso identico punto di cottura, ma come faranno? Meglio non pensarci.  Al mercato i piselli sono vari, c'è quello più tenero, quello un po' più duretto, hanno sapori più o meno dolci e di dolci diversi, che dite sarà possibile mangiarli insieme, avremmo problemi trovando nello stesso cucchiaio la naturale diversità?
Invece della solita Pasta e Piselli vi voglio suggerire una ricetta che c'è da decenni nella nostra famiglia e deriva da quel quarto di sicilianità, il papà di Rita. Lui ci tenne a che il primo figlio, che non poteva che essere maschio, dovesse nascere siciliano, pertanto portò la moglie, incinta di pochi mesi, a completare la gravidanza e partorire, al suo paese, il famoso Militello in Val di Catania, famoso non per mio suocero ma per il Pippo nazionale. Così la mamma di Rita restò per mesi, prima e dopo il parto, in Sicilia ed ebbe occasione di imparare varie ricette tipiche dalle stesse mani della suocera e delle cognate, questa fu una di quelle e spesso, quand'era il tempo giusto, la preparava accontentando la nostalgia del marito.
Per la cronaca il figlio fu una figlia, non per questo però meno amata, e nacque proprio ad Aprile.
Questa ricetta deriverebbe dalla preparazione di uno dei piatti siciliani per antonomasia, gli o le Arancini o Arancine, questo ragù entra a far parte del loro ripieno.

Ingredienti per i soliti quattro commensali di ottimo appetito:
otto etti di Piselli freschi - tre etti di polpa di Vitellone o Scottona - tre belle Cipolle fresche
cinque cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva - un bicchiere di Vino Rosso
una bottiglia scarsa di Salsa di Pomodoro - un cucchiaio di Conserva di Pomodoro 
due o tre cucchiai di Canestrato Pecorino Pugliese - quanto basta di Sale Grosso e Pepe Nero


La prima cosa da fare è mettere in terrina un velo d'Olio EVO, una mezza cipolla tritata. Appena la cipolla comincia, malgrado la fiamma bassissima, a colorirsi, far seguire la carne tritata grossolanamente con l'uso di due coltelli, la faremo rosolare con una fiamma un pochino più alta; appena rosolata si sfuma con il vino ed appena questo è scomparso, segue la salsa di pomodoro, mi raccomando che sia di ottima qualità e se non è abbastanza dolce aggiungere un cucchiaino da caffè di zucchero, altrimenti mettere meno salsa ed aggiungere della conserva, quella che adesso chiamiamo concentrato. Questi problemi noi non li abbiamo, adoperando salsa e conserva fatte da noi stessi, in che modo? Cliccate sulle parole e lo potrete sapere. 
Ripartita l'ebollizione, la fiamma si abbassa e si fa cuocere fino a che non sarà ben densa, avendola salata e pepata opportunamente.
Intanto si sono anche sgranati i piselli, lavati e messi a cuocere con il restante Olio e le restanti cipolle affettate sottili, sottili. Si rimestano in tegame a fiamma moderata, sia i piselli che le cipolle tireranno fuori la loro acqua; coperti e se ben teneri, quando saranno tornati a condimento, dovranno essere anche cotti al punto giusto, se così non fosse basterà aggiungere un pochino d'acqua calda ed attendere. Verso fine cottura, come con tutti i legumi, saliamo e pepiamo.
A cottura completa sia della salsa che dei piselli si mettono insieme facendoli amalgamare per bene.
Intanto la pasta si sarà cotta nel solito modo, lasciandola ben al dente come piace a noi. La scelta della pasta per noi fa parte della tradizione, abbiamo sempre mangiata questi tubettoni o ditaloni e pensiamo che anche in Sicilia la usino, certamente sono adatte anche altre paste, che la vostra saggezza e gusto vi sapranno suggerire ma, almeno una volta, provatela con questi formati inusuali, poi deciderete ma a ragion veduta e non per partito preso nei confronti dell'ignoto. Quando la cucina è anche scuola di vita. 
La pasta si condisce aggiungendo un po' di sugo e rimestandola ben bene, si completa poi nel piatto con altra salsa ricca di piselli ed aggiungendo una spolverata di buono e stagionato Canestrato Pecorino.



24 aprile 2013

Seppie Ripiene alla Tarantina di mia Suocera

Mesi ideali per questo piatto: Marzo - Aprile - Maggio

Negli ultimi anni abbiamo avuto varie volte voglia di fare questa ricetta ma, abitando a Bari, ci si è presentata una oggettiva difficoltà. A Taranto siamo abituati a seppie da porzione, cioè una per commensale, questa misura è facilmente reperibile per quasi tutto l'anno e di buona se non eccellente freschezza, spesso vive. 
Diciamo che noi tarantini siamo anche un po' viziati, praticando i pescatori tarantini la pesca alle seppie con le nasse, una specie di particolari trappole a forma di campana, che vengono distribuite lungo tutta la costa jonica sud-occidentale fin quasi alla Calabria. Questa è una pesca che consente la cattura di animali vivi, che tali o quasi si conservano fino all'acquisto. Se non vive, sono ancora reattive allo schiaffo. Cosa voglio dire? La seppia ricevendo uno schiaffetto manifesta ancora la sua cangianza di colori, è uno spettacolo guardarla.
Seppie di questa freschezza non è facile trovarle, neanche qui a Bari, dove adesso viviamo, se non nel periodo di Marzo/Aprile, quando cioè c'è la massima abbondanza di questo cefalopode che si avvicina a riva per accoppiarsi e deporre le uova e può essere facilmente catturata dai pochissimi, ormai, praticanti di piccola pesca. 
Le tante ricette di seppie, che usiamo fare, le concentriamo ormai unicamente in questo periodo. 

Questa è una ricetta che Rita non aveva mai fatto, ci si era sempre ripromesso di attingere alle informazioni, che sapevamo bene dove trovare, e provare a farla, più abituale per la nostra casa è sempre stata una versione meno tarantina, più pugliese in generale, quella che chiameremmo Ripiene al Sugo, un ragù di Seppie ripiene che ci da anche una salsa con cui condire la pasta, una ricetta, diciamo, più comoda. In effetti, ce ne rendiamo solo ora conto, anche questa una ricetta mai pubblicata. Dovremmo proprio farlo e presto, prima che passi la stagione. Quanti sacrifici per i nostri lettori, ci fossero almeno grati. 
Abbiamo purtroppo ormai dovuto cercare informazioni attingendo alla memoria, mia suocera ce le aveva preparate qualche volta e quindi l'avevamo anche vista preparare, abbiamo anche attinto ad informazioni di seconda ma ottima mano, quelle di mia cognata che molto ha convissuto con la madre e che, pertanto, ha avuto moltissime occasioni di carpirne i segreti. Detto fatto, con due o tre telefonate abbiamo fugato tutti i dubbi e ricostruito tutta la ricetta, che per noi e la nostra famiglia, che per questa porzione può vantare antiche e pure origini tarentine, è quella che può fregiarsi della denominazione di "Seppie Ripiene alla Tarantina".

Mi scuso per la qualità delle foto ma purtroppo hanno una colorazione troppo poco fotogenica, speriamo di far meglio la prossima volta
Ingredienti in quantità circa necessaria per ogni seppia:
Seppie medie da porzione di circa duecento grammi
venticinque/trenta grammi di Mollica di Pane di Semola di Grano Duro
dieci/quindici grammi di Olive Nere leccine - tre/cinque grammi di Capperi piccolini
mezza foglia di Prezzemolo - un quarto/mezzo spicchio di Aglio - un pizzico di Pepe
due o tre cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva

Come detto, le seppie adatte a questa ricetta sono più o meno da due etti, vanno pulite ottenendone una forma a barchetta e conservando, se ci sono, le gonfie ovaie, a Taranto le chiamiamo mammelle.
Se siamo in primavera è facile che ci siano perché le seppie della misura adatta sono generalmente femmina. I maschi sono molto più grandi, circa mezzo chilo, certe volte raggiungono e superano addirittura il chilogrammo, tanto da meritarsi il nome di "Scarponi".



Si inizia snocciolando le Olive leccine e dissalando i Capperi, entrambi vanno poi tritati grossolanamente, si trita quindi anche il Prezzemolo e l'Aglio, si pesta al mortaio il Pepe nero lasciandolo grossolano, che è così gustoso quando capita tra i denti. Si tagliano a pezzetti i due lunghissimi tentacoli di cui le seppie sono fornite, lasciandoli attaccati non si sa mai come sistemarli e si rischia che si rovinino durante la cottura.

Per questa ricetta è fondamentale l'uso di pane di tipo pugliese di due o tre giorni, cioè un pane di semola di grano duro, se poi è anche cotto al forno a legna è il massimo. Di questo pane ci serve la mollica scavata con le mani e, sempre con questo prezioso attrezzo, sminuzzata in pezzettini piccoli piccoli. Questa operazione la farete il giorno prima, lasciandolo asciugare ben sparso su un canovaccio.
Sono anche necessarie per questa ricetta le Olive Nere all'acqua, così si chiamano a Taranto queste olivette piccole, piccole, conservate in salamoia, nerissime come l'inchiostro. Purtroppo ormai anche in Puglia sono diventate di difficile reperibilità per cui devo consigliare alternative come altre olive conservate quando sono molto mature in salamoia. Non sarà la stessa cosa, difficilmente riusciranno a raggiungere la colorazione ed il nostro gusto ma sicuramente il risultato sarà soddisfacente. 

Olive, capperi, prezzemolo, aglio e pepe, tutti ben tritati, si miscelano alla mollica ed ai pezzetti di tentacoli, si irrora poi il tutto generosamente con l'olio. La consistenza deve essere da morbida polpetta. Il non aver nominato il sale non è una dimenticanza, i componenti, seppie, olive e capperi, sono già ben salati.
Con questa poltiglia si riempiono le barchette delle seppie senza forzare ed a raso. Le seppie in cottura, come tutti i cefalopodi, tendono a restringersi ed il ripieno, di conseguenza, a fuoriuscire.
Le Seppie si sistemano in una teglia, meglio una terrina, dove siano contenute con precisione. Nella terrina basterà un velo d'olio, poco aglio tritato e qualche foglia di prezzemolo. Il ripieno che dovesse avanzare può essere sistemato con il condimento della terrina.

Per la cottura si procede mettendo la terrina coperta su un fornello a fiamma bassa, la cottura necessaria sarà di almeno una mezz'ora dal momento che inizia a sfrigolare. Uscirà del liquido dalle seppie, deve evaporare lentamente, quando sarà quasi scomparso sarà bene provare con una forchetta la consistenza delle seppie, dovrebbero essere quasi cotte, basterà una decina/quindicina di minuti in forno a 170°C ed un riposo fuori dal forno, sempre in terrina, di una decina di minuti per avere delle Seppie Ripiene alla Tarantina perfettamente cotte, ancora callose e gustose.


9 aprile 2013

Cazun d Faf e Foggh' - Ravioli di Fave e Cicorielle selvatiche

Ripensando a varie preparazioni tradizionali pugliesi, che hanno come base le Fave Secche, per noi pugliesi semplicemente Faf o Faf Jank (fave bianche, essendo cecorticate) abbiamo elaborato questo piatto, ha le basi nella 'Ncapriata, nelle Faf Arrmnat o Scarfat e nella Pasta con le Fave (cliccare sulle relative parole per le ricette).


Ingredienti per 4 persone:
tre etti di farina di Semola rimacinata di Grano Duro - due uova intere - un pizzico di sale fino 
 due cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva - quanto basta di acqua tiepida
due etti di Fave Bianche - mezzo chilogrammo di Cicorielle Selvatiche 
tre etti di Cipolla di Acquaviva - un bicchiere di Bianco Martina o Locorotondo 
una decina di cucchiai di Olio Extra vergine di Oliva
due spicchi di Aglio - tre Peperoncini - quanto basta di Sale Grosso

Preparare innanzitutto la 'Ncapriata, in effetti noi abbiamo utilizzato quella avanzata qualche giorno prima. Siamo soliti farlo, non è una buona norma conservare ma è tanto comodo e creativo avere sempre a disposizione preparati che occorrono di lunghe e meticolose preparazioni come questa o fagioli, ceci, brodi, ecc.... Ben difficilmente avremmo preparato questo piatto partendo da zero, anche perché una mattinata sarebbe stata difficilmente sufficiente. Ci siamo pertanto limitati a sminuzzare con il coltello le cicorielle, già soffritte per l'altra ricetta, desideravamo un risultato grossolano, le abbiamo poste a riscaldare in una padella, aggiungendo le fave e qualche cucchiaio d'acqua che aiutasse a farle sciogliere e amalgamare. Il composto alla fine deve risultare consistente, tenendo conto che, usato quasi freddo, sarebbe risultato ancora più denso.


Nel frattempo avevamo fatto l'impasto per la pasta, con semola setacciata, uova, olio EVO ed un pizzico di sale fino e lasciato a riposare per almeno una mezz'oretta.
Siamo passati a preparare la cipolla per la salsa, affettandola finemente ma non troppo. Se la cipolla di cui si dispone è già dolce di suo non occorre tenerla in acqua, se così non fosse, questa dovrebbe essere la prima operazione da fare all'inizio della ricetta. Due orette a bagno, cambiando l'acqua almeno una volta, dovrebbero essere sufficienti ad addolcire una qualsiasi cipolla. L'abbiamo messa a soffriggere o meglio a brasare dolcissimimante con coperchio in otto cucchiai almeno di olio EVO con l'aggiunta di sale e di uno o due peperoncini spezzati. Quando la cipolla è tornata a condimento è stata sfumata con il vino bianco e rimestando si è atteso che sparisse. Durante la cottura sarà bene fare degli assaggi per adeguare ai propri gusti sapidità e piccantezza, togliendo eventualmente, prima che la cottura sia completata, del tutto o in parte il peperoncino.






Intanto la pasta ha riposato abbastanza, l'abbiamo stesa in una sfoglia particolarmente sottile. Quando la pasta deve essere imbottita e quindi chiusa, raddoppiandone lo spessore, è bene che questo in partenza sia il minimo indispensabile. Tagliati dei dischetti di sette o otto centimetri di diametro, distribuitovi il composto e li abbiamo chiusi formando dei ravioli o calzoni, come si chiamano da noi in Puglia.

Ovviamente i calzoni vanno cotti in acqua bollente e salata; essendo di pasta veramente fresca sono pronti appena salgono a galla. 
Ripassandoli dolcemente nella salsa di cipolla si condiranno adeguatamente.
Devono essere serviti in piatti caldissimi.

Vi posso assicurare che il piatto è risultato gustosissimo. L'abbiamo fatto piuttosto piccante e questo contrastava con la dolcezza estrema della cipolla, che con la lunga cottura, durata un'ora circa, si era caramellata e la dolcezza di tutt'altro gusto delle fave, mitigato dall'amaro delle cicorielle. Avremmo voluto aggiungere alla fine della Mollica di Pane asciugata, abbiamo rinunciato perché quello di cui disponevamo, non essendo di grano duro garantito, avrebbe rischiato di impastarsi. La prossima volta la proveremo, siamo sicuri che avrebbe aggiunto una croccantezza che non avrebbe sicuramente guastato, anzi. 

Con questa ricetta abbiamo vinto la sezione "Ricetta moderna e semplice e/o rivisitate" 
di questo Contest 2012


In questo momento è in corso l'edizione 2013 a cui stiamo partecipando

Recentemente abbiamo ulteriormente elaborato questo piatto, semplificandolo sotto certi aspetti. La pasta l'abbiamo fatta senza uova ed il ripieno, lasciato molto più grossolano, l'abbiamo condito con alcuni cucchiai, ben scolati dall'olio, del soffritto di cipolla. Ci è piaciuto ancora di più.

8 aprile 2013

Frittata di Pasta

Un "Must" direbbero quelli che parlano bene, "Na Figata", quelli che parlano un po' meno bene, "Cosa c'è di meglio" ci può stare bene. Risposta: tanto. In questo momento però c'è venuto in mente questo e dovete accontentarvi.

Ingredienti per 4 persone: 
un quarto circa di Vermicelli di Grano duro - quattro Uova 
due o tre cucchiai di Pecorino Canestrato Pugliese - due o tre Foglie di Prezzemolo 
quanto basta di Sale fino e Pepe Nero - due cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva



Rompere le uova in un recipiente abbastanza capiente da contenere anche la pasta, amalgamarle leggermente, non occorre sbatterle, non è necessario incorporare aria come nei soufflé, aggiungere il Pecorino grattugiato, il prezzemolo tritato, salare e pepare, miscelare ancora meglio ed in fine aggiungere i vermicelli cotti al dente in abbondante acqua salata e molto ben scolati, amalgamare ancora, solitamente si usa pasta avanzata, qualche volta addirittura condita e, spessissimo, di altro formato, diciamo che tutto va bene, tranne le paste fresche, o sbaglio?
Ungere abbondantemente e ordinatamente una padella di ferro, oggi si usano molto quelle antiaderenti, van bene lo stesso ma non sono la stessa cosa, metterla sulla fiamma e quando l’olio comincia a sfrigolare versarvi il composto della frittata, sistemarlo bene e schiacciandolo riempire tutta la padella, coprire e far cuocere a fiamma moderata, scuotendo ogni tanto, aiuta a sistemare bene e ad evitare che s'attacchi sul fondo.
Quando l’uovo sarà rappreso, fate scivolare la frittata in un piatto, che combaci circa con la misura della padella, va bene anche un coperchio, e scaravoltatela nuovamente in padella perché cuoccia (o cucini) anche dall’altro lato, per questo l’olio deve essere nella giusta misura, cioè poco, pochissimo. Se ci riuscite, noi no, la frittata potete girarla anche al salto, buona fortuna, certo che, essendo questo un piatto annoverato tra quelli del "recupero", non vorrei che questo significasse: recupero dal pavimento o dal soffitto.
La frittata sarà pronta quando non ci sarà più liquido e le due superfici saranno dorate e croccanti al limite della iniziale bruciacchiatura. Per questo potrebbe occorrere anche una seconda rigirata.


Sempre buona sia calda che fredda.


Qualche volta la frittata può servire a recuperare anche altro come verdure, che è bene prima ripassare in padella con olio, aglio e peperoncino, in questo caso sono Senàpe ma vanno benissimo un po' tutte le verdure, regina sarebbe la Cicoreilla o la Mescculanza, ma anche, perché no? le Cime di Rapa.

7 aprile 2013

Risi e Bisi - Riso e Piselli

Mesi ideali per questo piatto: Aprile - Maggio

Anche noi, qualche volta ci cimentiamo in qualche piatto tipicamente settentrionale.
Abbiamo deciso di rieditare questa nostra ricetta di qualche anno fa in quanto ci sembra tra le più calzanti allo spirito del contest "Le Ricette della Carestia", contenendo addirittura due o tre ingredienti che comunemente vengono scartati: le Bucce dei Piselli, il Gambino e Fondo di Prosciutto Crudo, particolarmente con le parti grasse e coriacee. Intendiamo infatti parteciparvi con la ricetta alla sezione dei "salati".

La ricetta che seguiamo, una delle tantissime esistenti, è ispirata al piatto mangiato in un ristorante tipicissimo della provincia di Treviso. La particolarità sta appunto nell'uso delle Bucce dei Piselli, il che rende impossibile l'uso degli ormai dominanti Piselli surgelati, questo ci fa simpatia. Bisogna quindi aspettare che la natura si decida a fornirci la materia prima, cosa che sta accadendo proprio in questi giorni, i piselli si stanno affacciando sulle banchi di mercatini, mercati e supermercati. Inutile dire che questi sono in ogni caso tra i migliori piselli, ci piace particolarmente far notare la loro consistenza non uniforme, così li fa la natura, questo va considerato un valore aggiunto, ad ogni cucchiaio assaporeremo gusti diversi e non monotonamente costanti ed monotoni, che vogliamo di più? Lo so che la pubblicità ci ha convinti del contrario, pensandoci, però, non sarà che c'ha voluto prendere sempre per i "fondelli" con i "Pisellini tutti uguali e perfettamente selezionati"?

Ingredienti per quattro o cinque persone di buon appetito:

cinque o sei tazze di Riso Arborio - un chilo e mezzo di Piselli freschi 
due Cipollotti freschi - una Cipolla dorata - un ciuffetto di Prezzemolo 
mezzo bicchiere di vino bianco secco - quattro cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva 
un etto e mezzo di Gambino e Fondo di Prosciutto Crudo
quanto basta di Sale grosso e Pepe nero



Sgranare i piselli conservandone buona parte delle bucce, le migliori ovviamente.

Se ci dovesse piacere uniformità e monotonia, che non è proprio del tutto detto che siano valori negativi, de gustibus . . ., possiamo selezionarli per diametro e punto di maturazione e riservare le diverse tipologie per diverse preparazioni. 

Preparare un brodo vegetale con una cipolla, prezzemolo e le bucce dei piselli, ben lavate, non saliamo perché nelle fasi successive ci sarà il prosciutto ed è meglio mantenersi bassi, aggiungere è sempre possibile, togliere, ditemi voi. Questa delle bucce è una variante particolare, che pochi adottano, secondo noi arricchisce di molto il gusto, togliendo quell'eccesso di dolce, che non gradiamo molto, questo ci consente di ottenere un piatto ricco e ben saporito anche con una quantità inferiore di piselli e, con quello che costano, non è una cattiva idea, vi pare? Questo non solo per i tempi in cui ci troviamo ma in ogni caso, non è forse lo spreco una cosa da evitare in ogni caso?
Dopo un'oretta di bollitura passare le bucce con il passapomodoro e miscelare la poltiglia con il resto del brodo scolato, va usato il passapomodoro e non il passaverdure per evitare qualsiasi sfilaccio.
In un tegame per risotti mettere a trasudare più che soffriggere a fuoco bassissimo in due cucchiai di olio il prosciutto tagliato a dadini e fettine sottili, va benissimo gambino e fondi, sia in ogni caso una parte con grasso prevalente, quando si sarà sciolto il grasso, tanto da diventare trasparente, aggiungere i cipollotti tritati ed attendere che si dorino moderatamente, mantenendo sempre la fiamma bassissima, solo a questo punto alzare il fuoco, versare il riso e rimestare finché il riso suona perché tostato, come se fosse un normale risotto, sfumare con vino bianco, quando questo sarà perfettamente evaporato, aggiungere i piselli, rimestando sempre; aggiungere una metà del brodo bollente, aspettare che cominci il bollore ed abbassare il fuoco.
Non lasciare che evapori del tutto il brodo, aggiungendone poco alla volta, evitare sempre che si asciughi del tutto, aggiustare di sale. A cottura ultimata la consistenza dovrà essere di un risotto o, meglio, di una minestra piuttosto liquida. A questo punto pepare con Pepe Nero appena schiacciato al mortaio, aggiustare ancora di sale, lucidare con il restante olio, rimestando ancora una volta.
Un tocco finale può essere, qualche volta, avendo i pisellini giusti, lo facciamo, selezioniamo, mentre sgraniamo, un abbondante manciata di pisellini tenerissimi, quelli da mangiare crudi, e li aggiungiamo a cottura ultimata, lasciando che il calore li cuocia il meno possibile. Che gusto trovare nel cucchiaio queste bombettine dolcissime!

Il piatto può rientra perfettamente nella Dieta per Celiaci e può rientrare in quella per Vegetariani e Persone con problemi di grassi e colesterolo, sostituendo, cosa del tutto possibile, praticabile ed auspicabile non solo per loro, il Prosciutto con Olio EVO.
Con questa ricetta, partecipo al contest di IPasticcidiLuna sponsorizzato da Fotoregali, per la categoria "ricetta salata"

5 aprile 2013

Insalata di Fave Fresche Lesse - Faf d Vungl Alless

Più semplice di così!
Fave fresche piuttosto grandi e dure, che resistano alla bollitura. La seconda pelle, quella del frutto, non quella del baccello, deve essere tale da non essere facilmente mangiabile, il gusto è: mangiarle con le mani, non conosco altro metodo per sbucciarle da cotte. Un tempo le si mangiavano pescandole, naturalmente con le mani, direttamente dalla pignata in cui erano cotte.
Come capire che sono pronte, direi mature per questa ricetta? Il baccello si deve presentare piuttosto appassito ed i frutti, quando andiamo a togliere il picciolo, devono presentare quasi tutti una bella striscia nera, quanto meno scura.
Ed allora . . . un morsetto in cima e schiacciando il frutto vien fuori direttamente in bocca.

Andiamo alla preparazione, si sgranano le fave e si mettono a bollire in acqua salata appena sufficiente a coprirle. Dopo una dolce ebollizione, risulteranno mangiabili, sarete costretti a vari assaggi, per trovare il punto giusto, che è quando la buccia è ancora coriacea ma il frutto è masticabile, senza essersi spappolato. Lo so, è un duro lavoro ma occorre che qualcuno lo faccia.

A questo punto scolare l'acqua in eccesso, lasciando le fave ben bagnate e condirle con Aglio, possibilmente fresco, sminuzzato, Origano frantumato ed abbondante Olio Extra Vergine d'Oliva, abbondante, mi raccomando, altrimenti che gusto c'è a mangiare con le mani?
Il frutto si deve insaporire nel fugace passaggio dita- labbra-bocca. Quel che si condirà ben bene saranno le dita, succhiate al momento del morsetto e dello schiacciamento della fava.
Quali e quante cose brutte v'insegno, vero?
La Mala Educazion.

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