Per fare l'Insalata di Trippa la si bolliva un po' più a lungo in quanto alla fine era pronta per essere variamente condita. Oggi per legge la si trova quasi del tutto cotta pertanto c'è poca possibilità di insaporirla. I risultati sono pertanto relativi per tutte le preparazioni, questa in particolare, malgrado tutto non ci voglio rinunciare.
Si procede come per un normale bollito.
Si mette sul fuoco quello che definirei un brodo vegetale, con una quantità molto contenuta d'acqua, il minimo indispensabile, in quanto non vogliamo disperdere troppo quel poco di sapore rimasto nella trippa. Nell'acqua avremo messo a freddo una grossa cipolla, due o tre carote, due coste di sedano, degli steli di prezzemolo, quelli che avanzano dalle foglie della eventuale salsa verde, che andremo a preparare, quattro o cinque pomodori maturi, il brodo deve essere ben colorato, ed alcune patate, queste perché ci torneranno utili per l'insalata, saliamo e lasciamo cuocere per una buona oretta, in effetti più sta meglio è. Teniamo solo d'occhio le patate, sono l'unica cosa che ci interessi per poi, le alziamo appena cotte.
Quando giudicheremo il brodo sufficientemente saporito aggiungeremo la trippa in un unico pezzo, così da mantenere al suo interno il sapore. Tornata a bollire ne controlleremo il punto di cottura infilzandola con una forchetta, sarà al punto giusto quando, infilzata, farà ancora resistenza ma non troppa all'estrazione dei rebbi, un pochino come per il polpo.
Mesi ideali per questo piatto: Tutto l'Anno
Questa è evidentemente una preparazione estiva ma con altri ingredienti se ne può tranquillamente fare una versione invernale, una multicolorata giardiniera può proprio fare al caso nostro. Le stesse verdure del brodo, se le lasciamo ben sode e croccanti, condite con olio ed aceto possono diventare un'ottima giardiniera anche calda se vogliamo un'insalata calda. Le versioni sono tante a voi inventarne di nuove. Può essere un gradevolissimo esercizio.
Un consiglio, abbastanza ovvio, dovendo lasciare le verdure cotte al punto giusto, per aumentare la sapidità del brodo, ne dovremo semplicemente aumentare le quantità.
Per l'inverno consiglio di fare anche, preferendo cose calde, qualcosa di simile al celeberrimo Lampredotto Fiorentino, talmente buono da essere gradito anche in estate.
Il Lampredotto è, in dialetto fiorentino, oddio "dialetto" e "fiorentino" messi insieme, gli utilizzatori non l'ammettono ma tal è, a mio modesto parere, dicevo il Lampredotto è una delle quattro parti dello stomaco dei ruminanti, in italiano, quello parlato dagli altri sessanta milioni circa, è l'Abomaso. Questa parte della trippa noi non l'abbiamo mai trovata nelle nostre macelleria, evidentemente la mandano tutta a Firenze, che ne dite? Allora facciamo, come spesso c'accade, di necessità virtù, c'accontentiamo delle altre parti ma le trattiamo come se fosse il "nobile" Lampredotto.
L'Abomaso è quella parte che nei cuccioli lattanti dei ruminanti contiene il caglio indispensabile per la digestione del latte. Per questa sua capacità viene, macellati i vitelli, i capretti o gli agnelli, utilizzato per fare i formaggi, quelli buoni ma buoni veramente, come una volta. Questo con grande scorno e sconforto per vegetariani e animalisti, che l'ignorano in parecchi. Non avendo nessuna idea di come si faccia il formaggio, rimangono solitamente esterrefatti e sbigottiti, ne sono, a giusta ragione, generalmente grossi consumatori, come valido sostituto della carne, in esso trovano quelle sostanze di natura animale, compreso il prezioso ed indispensabile, a torto vitupeso e demonizzato, colesterolo, di cui la loro dieta non può che essere pericolosamente carente.
Questa volta per il, chiamiamolo così, simil-lampredotto la trippa la dobbiamo tagliare ben calda, ne farciamo un panino, le cui metà, almeno una, sono state intinte nel brodo, altrettanto bollente, quindi condita con Salsa Verde, possibilmente fatta in casa bella fresca, e/o olio, sale e peperoncino; noi in questi casi tiriamo fuori il nostro Olio Santo quello verde ma non è detto, anche quello rosso ci sta benissimo, come anche una africana Harissa. Se non si è nel contesto da panino, la stessa cosa si può fare in un piatto, non è necessario che ve lo dica.
Giornalmente pubblichiamo ricette ed altro, che deriva da questo blog nella nostra pagina Facebook omonima, seguiteci cliccando qui e dateci il vostro "Mi Piace"
Bella domanda!
RispondiEliminaUn vegetariano può mangiare formaggio prodotto con caglio animale?
Non ci avevo mai pensato. Sarà che non sono vegetariano, non ho idea di quale possa essere la risposta corretta.
Però posso fornire qualche informazione.
Il formaggio si fa da sempre usando il caglio animale descritto nel post o un caglio vegetale ricavato storicamente dal fiore di carciofo selvatico detto presame, il latte di fico detto lattificio (col quale i Greci facevano il tanto rinomato cacio chiamato Opia), i fiori del Gallio, il seme del Grogo, il sugo dei Mirabolani e perfino, al dire di Linneo, i sughi della Pinguicola e del Ros-solis, erbe contate nella categoria delle velenose, si adoprano presso i Lapponi (da I.Malenotti – L’agricoltore istruito dal padron contadino - 1840). Il medesimo autore considera inoltre che il cacio fatto col caglio animale è "forte" e pizzica, l'altro dolce. Così in Toscana tuttora. Dalle tue parti non saprei dire nulla.
Ti ringrazio per l'apporto informativo. I cagli vegetali, come ben sai, sono d'uso episodico e limitato, a dispetto del numero, addirittura superiore a quello che io sapevo. La gran massa dei formaggi di qualità è fatta con cagli animali, pensa solo alla gran massa di Parmigiano e Grana, tutti con caglio di vitello. Da noi, la Magna Grecia è ancora una relativa attualità, come loro facevano l'Opia, qui fino a poco tempo fa si facevano i formaggi (non formaggi) estivi, come poteva essere diversamente del resto, usando rami di fico per produrre le Pampanelle e i Cacioricotta. Nel blog trovi un post con il rimando a questi due prodotti.
RispondiElimina