La Cicerchia è un antichissimo legume coltivato in tutto il bacino del Mediterraneo, leggermente tossico. Se ne produceva tantissima essendo forse il legume più facile da coltivare e pur non essendo molto stimato ne' per gusto ne' per qualità, anche in condizioni proibitive, malgrado siccità e/o altitudine, dava comunque buona resa; la larga disponibilità determinava un prezzo basso e quindi un larghissimo e continuo consumo da parte delle classi più povere, favorendo così l’accumulo eccessivo di una sostanza che dà disturbi nervosi, la latiriasi, con possibile immobilità degli arti inferiori, specialmente per le popolazioni che la consumavano anche macinata per farne polenta, focacce e pane da sola o miscelata ad altre farine di legumi e frumenti.
Forse la Cicerchia è stata per Basilicata e Campania quello che è stata la Fava per la Puglia e molta Sicilia, una fonte di carboidrati e proteine di ottima qualità a bassissimo costo. Era anche particolarmente in uso in tutto il Salento, la siccità di queste zone la rendeva preziosa, qui ha conservato nel dialetto l'altro nome greco, riferentesi più genericamente ai legumi rampicanti, Tolica.
Sarà stato il diffondersi della nozione dell’intossicazione o le migliorate condizioni economiche, fatto sta che se ne è abbandonato quasi del tutto il consumo relegandolo a mangime per colombi. Ora, che, ormai, anche l’allevamento dei colombi è finito, la Cicerchia era quasi sparita del tutto. La si è ora riscoperta in questa rivalutazione dei cibi antichi e certo un consumo episodico e in quantità moderne non presenta assolutamente nessun rischio per la salute, anzi resta un’ottima fonte di proteine vegetali, oltre al resto, poi è buona, ha un gusto di antico, dà proprio la sensazione di mangiare quelle cose buone di una volta.
La preparazione è molto semplice, è molto simile alla preparazione di altri legumi come ceci e fagioli. La si mette a bagno in acqua fredda almeno ventiquattro, anche quarantotto, ore prima, cambiando l'acqua due o tre volte, prima di metterla a cottura, si butta l’acqua dell’ammollo, si sciacqua ben bene, questi passaggi in acqua sono indispensabili per allontanare qualsiasi traccia di tossine. Era, probabilmente, il frequente uso di suoi sfarinati, quindi senza lungo ammollo, la principale causa di accumulo della tossina. Solitamente in questa fase si distaccano un po’ di gusci di pelle esterna, che vanno buttati via, quindi si pone a cottura in pentolino possibilmente di terracotta in acqua fredda con uno spicchio di aglio, una cipolla affettata e qualche pomodoro, all’inizio dell’ebollizione sarà bene effettuare una schiumatura ed una ulteriore asportazione di pellicine che si dovessero essere staccate, quindi si abbassa la fiamma in modo da lasciare a cuocere lungamente e dolcemente per almeno due o tre ore. A cottura ultimata si sarà formata una deliziosa cremina brodosa dalle cicerchie che avevano perso il guscio e si sono disfatte con immerse quelle ancora sane ma diventate morbide da essere gustate, qualche minuto prima dello spegnimento vanno salate. Intanto si prepara un intingolo con Olio EVO, Aglio tritato e Peperoncino, lo si fa soffriggere, vi si versano le cicerchie, le si fanno insaporire e poi si gustano con crostini di pane abbrustoliti o fritti con l’aggiunta di una generosa croce d’olio semplice o Olio Santo molto ammorbidito, diluendolo molto. Ottimo è anche l'abbinamento a verdure di stagione, precedentemente sbollentate, ottime, indicate e dal sovente uso sono anche le verdure selvatiche quali bietole, cicorielle, sivoni e zinconi, mischiate spesso tutte insieme.Per questo piatto l'intingolo è stato arricchito con cotiche di maiale, diminuendo l'uso dell'olio
Bello leggere di pietanze dimenticate.La cicerchia era usata anche nel Brindisino, piatto tipico di Ceglie, dove viene chiamata "dòleghe".
RispondiEliminaCiao.
Bello rileggere i piatti dimenticati.
RispondiEliminaLa cicerchia, piatto tipico di Ceglie, nel Brindisino e nel Tarantino viene chiamata "dòleghe" ( dal greco dolichòs = oblungo)
P.S.:Grazie ancora per i commenti sul mio blog: Tarentilla
Alla prossima.
Resto in attesa dei tuoi "piatti da leggere".
RispondiEliminaMi piace molto l'informazione dotta che mi fornisci, anzi se ne hai altre e anche più approfondite, possibilmente, te ne sarei grato. Sono affamato di aneddoti e etimologie inerenti la nostra cucina ed il nostro dialetto, come avrai potuto notare leggendo qualche ricetta antica.
Arrileggerti
Ciao Mimmo, oggi ho potuto acquistare un paio di chili di Tolica da un agricoltore che la produce nella sua campagna. pensi che si possa conservare per questo inverno? o farà il bruco come le fave? mi piacerebbe sapere come conservarla. Ti lascio il mio saluto ammirato, Anna
RispondiElimina@ Annysea - L'agricoltore da cui l'hai acquistata sicuramente ne sa più di me. I legumi secchi sono proprio destinati a quello che vuoi fare tu. Si conservano bene fino all'arrivo della primavera o comunque dei primi caldi, anche se dei termosifoni a novembre, se li tieni in sacchetti di cotone ed in luogo fresco. Il fatto che abbiano qualche inquilino è garanzia di genuinità, prima di cucinarli va fatta una attenta cernita, attenzione ad eventuali sassolini "truccati" da legume. Piuttosto per la Cicerchia o tolica stai attenta alla sua moderata tossicità, facilmente evitabile, ne scrivo infatti. Ciao
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