La dieta si fa contenendo le quantità non la qualità

4 settembre 2012

Crepes Bretonne de Blé Noir - Crepes Bretoni di Grano Saraceno

Antica casa bretone a Le Conquete nel Finistère
Media marea - Le Conquete Finistère
Alta marea - Finistère
 Quasi mezzo secolo fa Mimmo conobbe la Bretagna, le sue case di pietre, granito non calcare come la Puglia ma tante, tantissime a formare anche muretti a secco come la Puglia, le sue spiagge impraticabili, sempre bagnate, che al cambiare dei metri di marea, cambiavano completamente aspetto. Vide per questo coltivare in riva al mare con i trattori tra  filari. Ritornando qualche ora dopo era tutto sparito, quelle che erano grandi rocce, saldamente piantate nel terreno, erano diventate scogli, appena affioranti da un mare, che difficilmente si capiva aver preso il posto delle piantagioni, tanto il paesaggio era stravolto ed incredibilmente cambiato. La strada non passava più tra contadini al lavoro con i loro attrezzi, anche trattori con rimorchi stracarichi, ma in riva ad un mare battente violentemente su scogli. Gli spiegarono allora che quelle specie di tendoni d'uva, non erano affatto tali, quei pali e quei filari sorreggevano cestini e cordame degli allevamenti di Moules, Huitres, Crabes cioè cozze nere, ostriche e enormi granchi.

Alignement di Menhir
Carnac - Dolmen
Conobbe i monumenti preistorici bretoni, dolmen, menhir solitari ed in file infinite e non solo; non ne aveva mai sentito parlare; seppe molto dopo che anche le Puglie ne erano piene, nessuno allora ne parlava, facevano parte di una preistoria ufficialmente sconosciuta, di riti troppo oscuri e troppo pericolosamente conservati, continuati da essere vivi e frequentati in epoche troppo recenti nelle credenze popolari e in riti pagani sopravvissuti nei quali le religioni ufficiali vedevano forse una minaccia, la Pizzica con il suo collegamento ai riti dei tarantati è la punta dell'iceberg costituito da culture ancestrali, che riaffiorano ora che se n'è quasi perso ogni reale significato.
Bretagna - Carnac -Alignement di Menhir




Tri Martolod - Canto Bretone - Alan Stivell (arpista) è uno dei più importanti musicisti bretoni

I bretoni, come noi, cantavano e tanto. Non le canzoni che si cantavano in Italia e nel resto della Francia ed Europa. Mimmo conobbe così le canzoni dei Celti e l'importanza dei celti stessi, una nazione a parte, spesso separatista. Genti diffuse dal nord della Spagna a buona parte del Gran Bretagna, passando dal nord della Francia, proprio la Bretagna, spesso più culturalmente vicine tra loro di quanto con la nazione ospitante. Ci sono più tradizioni comuni tra galiziani, asturiani, bretoni, gallesi, irlandesi, scozzesi, che tra bretoni e francesi o galiziani e castigliani. Addirittura allora gli anziani difficilmente parlavano in francese, che poco conoscevano, parlavano correntemente in bretone, imitati dai giovani più colti, che sentivano molto l'appartenenza celtica e la coltivavano con slancio ed ostentazione entusiasta, tipica della gioventù.
Bretagna - Finisrère - Menhir de Kerloas
Mimmo fu ospitato a Saint-Renan nel Finistère, la fine della terra del nord, lui nato e cresciuto non lontano da un'altra "fine della terra", quella in Salento, Lu Capu, il Capo di Leuca. Saint-Renan era famoso per essere nei pressi del Menhir de Kerloas, il più alto al mondo, quasi dieci metri pur avendolo un fulmine accorciato di quasi un metro. Erano però tutto il giorno e quasi tutti i giorni in una località turistica sull'Atlantico, Le Conquet, posta nelle vicinanze delle più estreme propaggini del Finistère, costellate da promontori, molti mitici ed anche tristemente famosi, presenziati da fari che hanno fatto la storia della fanaleria mondiale, come Point du Raz e Cap de la Chèvre . Questa, che oggi è una località rinomata, era allora all'inizio della "valorizzazione". Certo parlare di località turistica marittima per Mimmo, abituato alle spiagge mediterranee era pressoché incomprensibile, sulla spiaggia si stava con il maglione, riparandosi dal vento dietro alle cabine. Le esagerate basse maree, facevano stare spesso lontanissimi dal mare con le barche tristemente coricate ed in secca e i trampolini per i tuffi sulla sabbia, ancor più tristi ed inutili. Arrivare al mare era una impresa ed allora un fugacissimo bagno si faceva solo se c'era l'alta marea e si approfittava, più che altro, per uscire con le barche a vela. Naturalmente non era come da noi, il vento, appena fuori, era impetuoso si ma il mare aveva una "accattivante" onda lunga, piuttosto costante nella sua direzione. Ecco perché i bretoni sono tra i migliori velisti al mondo; alcuni di quei ragazzi abitualmente andavano a fare "un salto" in Inghilterra con barchette non più lunghe di cinque sei metri, munite solo di vele, con questo non voglio dire che nella Manica si naviga più facilmente che nel bizzarro Mediterraneo ma che le loro condizioni aiutano molto a superare obiettive difficoltà dell'Atlantico del nord per giunta.
Fu lì che sentì per la prima volta una canzone, destinata a fare epoca. Era cantata da un pacifista, coacervo di razze mediterranee, un ebreo italo-greco, nato e cresciuto ad Alessandria d'Egitto, diventato poi francese ed ormai esponente di questa caleidoscopica cultura, Geoges Moustaki e la canzone era Le Meteque (il Meticcio).

Portò in Italia questo disco francese e fece conoscere ai suoi amici in anteprima la canzone destinata a spopolare di li a poco anche nella versione italiana, diventata Lo Straniero

Velosolex
Renault R4 

Citroen 2Cv
                                           FIAT 500 Giannini 
La donna di servizio, una suora laica, arrivava ogni mattina a cavallo del suo Velosolex, accompagnata dal profumo dei croissants vuoti e delle baguettes appena sfornati, che diventavano subito colazione, imbottiti di burro salato e marmellate, accompagnati da uno dei migliori latti mai assaporati. I pascoli della salata brughiera facevano miracoli.
La tribù dei giovani si spostava da Sanit-Renan a Le Conquet con R4 e 2Cv, tutte rigorosamente private delle porte, sostituite con catenelle, qualcuna era anche senza tetto, vetri e, generalmente, avevano la ruota di scorta sul cofano anteriore o posteriore; Mimmo e il suo amico Gianni erano arrivati lì con la FIAT 500 Giannini con la leva del cambio accorciata e il volante rimpicciolito, facendosi più di 2.500 chilometri, una "figata" si direbbe oggi.
Mimmo conobbe anche cibi molto diversi, non era ancora arrivata la Mac Donald e neanche le pizzerie, ne doveva passare di tempo ancora; le serate si passavano nelle Creperie dove si mangiavano Crepes dolci o salate, più propriamente, le dolci si chiamavano Galettes, e si beveva birra ma più che altro Sidro, il suo alcolicissimo distillato, l'Agnole e il più nobile Calvados, ottenuto invecchiandolo in botti di quercia. Tutto estratto dalle mele. Meline brutte, ammuffite e dall'apparenza selvatica. Proprio in una di queste creperie Mimmo fu acclamato come eroe o pazzo del giorno, aveva avuto il coraggio di fare il bagno nel mare dell'Ile d'Ouessant, un'isola nell'Atlantico all'ingresso de La Manica, estrema propaggine del territorio francese nell'oceano. Che sapeva lui, qualcuno glielo avrebbe anche potuto dire, che l'acqua dell'oceano anche ad agosto è di pochi gradi, che sapeva. Qualcuno glielo avrebbe anche potuto dire, che si sarebbe trovato in mezzo a dei mostruosi nastri fluttuanti a fior d'acqua, larghi decine di centimetri e lunghi decine di metri, le alghe di quel mare, che sapeva. Qualcuno glielo avrebbe anche potuto dire, che l'Ile di Ouessant in bretone si traduce in qualcosa che significa Isola del Terrore.
Eroe di tutt'altro genere fu acclamato quando, con la frettolosa esperienza di studente fuori sede, preparò per una ventina di ragazzi gli Spaghetti con le Cozze (la rossa e tarentina Past e Cozz), le Moules, queste fu facile trovarle ed erano anche buone, non poteva essere altrimenti, avevano anche qui imparato a coltivarle dai suoi compaesani, i tarantini, gli spaghetti e i pelati, solo e soltanto Barilla, li trovarono in un ipermercato, il primo che vedevano, in Italia non erano ancora arrivati, il prezzemolo, strano, tutto riccio, c'era, c'era anche l'aglio e il pepe, ma, e l'olio d'Oliva? Bho!?!? si rinuncia o si usa olio di semi? "Je sais où le trouver, c'est un médicament, j'ai fait des cataplasmes, vous devez chercher dans la pharmacie" "so dove trovarlo, è una medicina, ho fatto i cataplasmi, dovete cercare in farmacia", così tradusse Gael, la bellissima amica di Mimmo, traducendo dal gaelico, quel che aveva detto la vecchia zia Hode, mentre si sistemava in testa il cappello, che non era "di carta di riso", come recita una vecchia canzone di De André, ma di Bigouden.
 Lo trovammo l'olio di oliva, lo vendevano in bottigline da 50cc. Che impressione a Mimmo e i suoi amici sembrava olio di ricino o olio di fegato di merluzzo.
Un successone, altro che pesce, peraltro eccellente, lesso con maionese e patate lesse e ripassate nel burro o patate lesse cosparse di burro salato, eccellente, per contorno insieme ad insalata verde, che sapeva di paglia, con pomodori, che sapevano di . . . niente, conditi con olio di semi, dicevo per contorno ad enormi pesci o Crabes, granchi, tanto grandi che le zampe e le chele si dovevano rompere con il martelletto, quella specie di fattapposta a forma di schiaccianoci, spesso non bastava, chiaramente questi erano lessati e si condivano con la maionese, fatta in casa e a mano, che non so se l'ho già detto, ma lo ripeto volentieri, era: fa_vo_ lo_sa; Mimmo spesso, quando la fame si faceva sentire, appunto spesso, ci si faceva delle belle fette di pane o pezzi di baguette. Eccellenti ma, probabilmente perché carissimi, i formaggi, erano serviti a mollichine, come anche il vino, a tavola se ne vedeva solo una bottiglia, "da invecchiamento" come dicevamo noi allora che il vino lo comperavamo sfuso o al massimo in bottiglie con il tappo a corona, spesso, malgrado non fossero mai meno di una decina, non veniva neanche finita quella bottiglia, tanto modeste erano le porzioni. Eppure la famiglia era proprio benestante come dimostravano tutti i normali segnali, le dimensioni delle due case, delle auto, delle barche, queste in particolare, il loro numero superava i componenti della famiglia. Una di queste barche, un vero e proprio piccolo peschereccio, serviva alla signora per andare a posare e ritirare reti e nasse. Frutto di questa pesca era tutto il pesce che si mangiava, oltre alle crabes, prendeva spigole, merluzzi, sogliole, rombi, tutti pesci che superavano e di molto il chilo. Non fraintendete, la signora madre era un medico, non una pescatrice ed il signor padre era uno psichiatra con una sua clinica.
Le crepes e le galettes non si facevano in casa, si mangiavano solo in creperie, quindi Mimmo non le aveva mai viste fare. Al ritorno in Italia quasi le dimenticò, non erano ancora arrivate, le rimangiò dopo molti anni, una ventina quando ritornò da quelle parti in camper, con la famiglia, le figlie ormai circa ventenni. Le apprezzarono molto e le mangiarono spesso. Dopo poco tempo cominciarono a diventare comuni anche in Italia, generalmente dolci, con la famosa crema di cioccolata e nocciole, la stessa base usata sia per quelle dolci che quelle salate ed anche, "giustamente" lo stesso nome. Non è così in Bretagna, la loro patria, quelle salate sono fatte con una ricetta completamente diversa, a base di farina di Grano Saraceno, che come saprete non ha niente a vedere con il grano, non è infatti una graminacea, è una erbacea, al limite si potrebbe considerare come un legume, non contiene glutine, per questo non panifica e per impastare la sua farina è necessario miscelarla con farina di grano. In effetti è più parente delle banane che del frumento, pensate un po' voi.
Qualche volta le facciamo in casa secondo una antica ricetta originale bretone, insegnataci, dopo tante insistenze e lusinghe da una carissima amica, bretone doc, proveniente da un paesino del centro della Bretagna rurale. Con le dosi, che vi andrò a riportare, lei, e sottolineo "lei", riesce a fare, usando una piastra a gas di 60 centimetri una dozzina di galettes, pur riempiendo la piastra al limite tanto è brava a farle sottili e quindi con cottura velocissima, stendendo l'impasto con uno specifico attrezzino in legno, una specie di rastrellino senza denti, che si vede in mano ai professionisti della crepes. Oggi si trova comunemente anche da noi.



Per fare molte Crepes, la quantità per cinque o sei persone, basta un uovo, che, essendo indivisibile si usa come base di partenza della ricetta per la quale occorrono anche:
250gr di Farina di Grano Saraceno - 60 gr di Farina 00 - mezzo litro di latte
250cc di acqua - quanto basta di sale - burro salato per imburrare

Con questa dose si dovrebbero ottenere, come detto, circa una dozzina di crepes, utilizzando la tipica piastra in ghisa di 60 cm di diametro, di cui, tranne che non siate dei veri cultori, difficilmente ne disporrete mai. Diciamo che se ne ottengono una ventina e più, utilizzando una normale padella antiaderente da 25 o 30 centimetri, disponibile sicuramente in tutte le case. Una dose del genere soddisfa abbondantemente un pasto completo di almeno quattro o cinque commensali e ne resta anche qualcuna.
L'impasto si prepara in una capiente coppa, tenendo presente che, nelle due ore circa di riposo successivo, crescerà, si fa la solita fontana con le due farine a cui aggiungere uovo e sale. Si comincia a miscelare aggiungendo pian piano il latte e l'acqua, le proporzioni tra loro possono essere variate secondo i gusti. Il risultato finale sarà piuttosto liquido e si lascia a riposare coperto per due orette in un posto riparato dalle correnti d'aria. 
La piastra o padella che sia, fatta riscaldare, tanto da avvertirne forte il calore sul palmo della mano avvicinata, si dovrà leggermente imburrare, solo un velo, sparso per bene con una pezzuola imbottita da un po' d'ovatta a formare un tamponcino, che verrà intinto nel burro, ben lavorato, pertanto morbido a pomata, posto in una larga tazza. A proposito di burro salato, se non lo doveste trovare, lo si fa in casa, usando un burro eccellente di quello fatto con panna e non con siero, lavorandolo per ottenerlo a pomata ed incorporandoci del sale marino, meglio se non finissimo, sarà utilissimo per tante cose, tutto direi, provatelo nella classica tartina con marmellata. Lo si prepara con molto anticipo e si lascia riposare, consentendo al sale di diffondersi alla perfezione. Questo burro servirà anche ad insaporire la crepe e, forse, a cuocerla meglio, facendola staccare con facilità, oltre che per effetto dell'untuosità anche della temperatura diversa che raggiungerà, grazie al sale.
Con un mestolo prendete dell'impasto, un mestolo normale pieno per due terzi contiene impasto per una crepe di circa 25 cm, distribuitelo con un movimento circolare, continuo e unico sulla superficie, con il dorso del mestolo e muovendo la padella dal manico completare l'opera. Muovere la piastra non è altrettanto agevole, con quelle professionali è impossibile, per questo la padella casalinga è tanto meglio per i principianti. Non vi scoraggiate se la prima non riesce, è quasi sempre così, di solito per un eccesso di burro. Quanto questo sia vero lo costaterete nel tempo, infatti imparerete bene e presto, tornerete sicuramente a farle spesso. 
La crepe si staccherà da sola e con facilità appena sufficientemente cotta, l'unzione della piastra dovrà avvenire per ognuna. 
Galette Complete

Crepe con Provola Affumicata e Salsiccia dolce e piccante
Le bolle sulla superficie sono date da un eccesso di calore della piastra
Quando è asciutta abbastanza si procede al condimento e farcitura, può essere con il semplice burro salato e/o con salumi, generalmente prosciutto cotto o pancetta a fette o striscioline, e/o formaggi, generalmente groviera, anche grattugiata, o formaggi morbidi, spalmati grossolanamente, anche di pecora o capra, e/o uova a occhio di bue o condite e strapazzate come frittatine.  Ognuna, nella tradizione bretone, assume un nome, quella che contiene tutti e quattro i componenti classici si chiama Complete. Il condimento si mette al centro e poi la si può 
chiudere completamente, ripiegandola su se stessa alla metà più o meno precisa, come si farebbe con una omelette, la si chiude anche solo in parte e con fantasia, formando un quadrato, un rettangolo, un triangolo e anche altro, facendo vedere o intravedere il ripieno o parte di esso. La si avvolge anche a formare una cornucopia, questo è un sistema, ripiegando opportunamente anche la punta, per ottenere una crepe da passeggio, gli si da in effetti la forma che solitamente si da' alla piadina. L'unico limite è la fantasia, la forma, la duttilità della pasta cotta al punto giusto ed il gusto abbastanza neutro consentono forme e abbinamenti infiniti anche con carne, pesce e verdure crudi o, più spesso, precedentemente cotti, marinati, trattati insomma perché una semplice e rapida scaldata li arricchisca. 
Crepe con Groviera e Pancetta - Crepe con Prosciutto Cotto e Groviera
Crepe al Burro Salato e Uovo a Occhio di Bue e Crepe con Peperoni arrostiti in insalata con Sedano e Aglio

12 commenti:

  1. Decisamente uno dei miei piatti preferiti..la mia creperie di fiducia come salate propone proprio le galette...io ne vado matta :D Provala con formaggio,salsiccia e crema di asparagi. La fine del mondo!!
    Passa a trovarmi...
    ti aspetto

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  2. non conosco la Bretagna ma dalle foto sembra proprio un bel posto, intanto mi godo le tue gustose gallettes, un abbraccio SILVIA

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  3. @ Martyska - sono passato complimenti ed auguri
    @ sississima - Mi auguro che, se ami viaggiare e non per facili divertifici, ti abbia fatto venire la voglia di conoscere la Bretagna e che avvenga presto.

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  4. caro Mimmo,mia suocera quando diceva che giovedì avrebbe fatto le crepe per crepe intendeva quelle di grano saraceno e galette quelle dolci e più piccole (tre per volta );inoltre voglio correggerti sulla parola-nome del distillato del sidro :agnole ,che poi con l'articolo diventa l'agnole,
    a la prochaine,stammi bene Michele

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  5. Caro Michele, mio maestro di francesitudine e bretagnitudine, a te, devo pubblicamente qui riconoscerlo, va il merito della parte ricetta di questo post, e non te ne ringrazierò mai abbastanza. Non potremmo cominciare a prendere in considerazione l'ipotesi che la nonnina fosse spiritosa o che fosse una usanza tutta locale o che si sbagliasse? tutto il resto del mondo le chiama all'inverso, come anche Martyska dovremmo pur prenderlo in considerazione.

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  6. A proposito di Agnole ti ringrazio per la correzione, che ho prontamente fatto, non sono però riuscito a trovare la minima traccia in rete. La cosa è molto strana, riesci a darmi un ulteriore aiuto? l'unico sito trovato parla di Agnole come distillato d'uva e non di mele http://www.aavoamaria.es/index.php?option=com_content&view=article&id=5&Itemid=11&lang=fr
    C'è forse qualche altra denominazione che non ricordo? Forse potresti chiedere a qualche tuo vecchio parente bretone, ti ringrazio anticipatamente e vi abbraccio

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  7. ufficialmente il distillato di sidro di mele è il normanno Calvados,l'agnole (che,comunque, io non ho mai trovato la parola scritta in francese )è un termine dialettale usato nei dintorni di Gouarec,Rostrenan,probabilmente.Caso strano,non viene imbottigliato in Bretagna,la produzione è casalunga e nominativa.Cioè la legge permette vita-natural-durante ai vecchi proprietari di un frutteto di mele a distillare il proprio quantitativo di acquavite (ora mi viene in mente ufficialmente è chiamato 'eau-de-vie')chiaramente ne distillano molto di più che poi vendono o regalano.kenavo !

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  8. Tutto veramente notevole, raccolta straordinaria di preparazioni del nostro meridione.Anche questa scoperta della Bretagna, proverò queste gallettes ed altro, alle prossime.
    A proposito leggo "le Puglie", le puglie nonn esistono se non nella fantasia dei milanesi, la nostra è: LA PUGLIA.
    Cordialmente
    egidiobaresedibari

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  9. Grazie Egidio, prova le galettes e, mi raccomando, fammi sapere.
    Grazie anche per l'appunto su "Le Puglie", è un termine desueto ma pertinente alla molteplicità di aree poco connesse fra loro, se hai viaggiato per le Puglie avrai notato, è la prima diversità che salta all'occhio, quale diversità di dialetti ci sia, andiamo dal francoprovenzale dell'alta Capitanata al griko della Terra d'Otranto, entrambe regioni riconosciute come tali da prima del Regno delle due Sicilie, non c'è nessuna somiglianza tra il dialetto generale della Capitanata e quello del Salento.

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  10. Ciao...vorrei provare a fare le galette con la tua ricetta, ma non capisco che cosa vuol dire "un quarto di farina di Grano saraceno" o "un quarto di acqua". Un quarto di che cosa?? :-)

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    1. Scusa Marco se ti rispondo in ritardo, purtroppo ho poco tempo e lo sto dedicando prevalentemente al nuovo blog Sud Italia in Cucina su diversa piattaforma, te ne aggiungo il link se lo volessi seguire http://blog.giallozafferano.it/suditaliaincucina/. Veniamo al tuo quesito. Il termine "un quarto", me ne sto rendendo conto, è ormai desueto ed in se genera dubbi ed incertezze, per il futuro devo cercare di eliminarlo. Ho quasi settant'anni e a liei tempi si usava esprimersi in frazioni di chilo, un quarto è un quarto di chilo = 250gr, un tempo, ero ancora piccolo, anni '50/60, si usava anche dire un quinto per intendere due etti o, meglio, 200 gr. Ti ringrazio d'avermene fatto rendere conto definitivamente, ho chiarito correggendo e lo farò man mano che metterò mano ad altri vecchi posts. Arrileggerci

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    2. Sai però quale era il vantaggio di quella terminologia? Era unica sia per solidi che fluidi, un quarto era, a seconda dei casi, di un chilo o di un litro, non s'usava per le lunghezze però

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