Questo è un altro dei doni di Cristoforo Colombo, altro che componente del paesaggio del film di Zeffirelli sulla vita di Gesù Cristo. In Palestina ce ne sono, come in tutto il Mediterraneo ma hanno cominciato ad esserci solo verso il '600 '700. Ha trovato un clima adatto, dove è stato piantato ha preso con facilità e le deiezioni dei golosi animali hanno fatto il resto. E' diventato talmente invasivo che in alcuni casi ci si è dovuti impegnare a toglierli per evitare di stravolgere i paesaggi. Alla sua straordinaria diffusione ha contribuito anche la lunga conservazione del frutto raccolto, che lo ha fatto diventare utile componente delle cambuse dei marinai, sempre in cerca di vegetali che si mantenessero sufficientemente freschi anche quando non c'erano i frigo.
Generalmente crescono semiselvatici solo in alcune zone sono oggetto di una vera coltivazione, in America, Sud e Messico in particolare, sua vera terra d'origine, anche perché si presta all'allevamento di una cocciniglia da cui si estrae un prezioso colorante il carminio. Li coltivano anche in Sicilia, producendo i così detti Bastardi; la produzione sfrutta una caratteristica propria di queste piante: fare una seconda fioritura più abbondante se private della prima e da questi fiori produrre dei frutti più grandi a maturazione tardiva autunnale di facile conservazione, che li fa arrivare anche fino a Natale e in luoghi di vendita lontani, spuntando così dei prezzi più alti, che uniti ad una produzione maggiore, fa assorbire le maggiori perdite, dovute alla consevazione, lasciando addirittura guadagni molto maggiori, tutto questo favorito dal clima della Sicilia.
Ormai il Fico d'India con le sue pale è un componente fondamentale del paesaggio mediterraneo e non se ne può fare a meno, nell'immaginario collettivo sembra che ci sia sempre stato, scarsa fortuna sembra invece avere il consumo giornaliero del suo frutto, è vero che l'estate ci dona talmente tanti frutti che si rischia sempre di saltarne qualcuno ma questo sembra che lo si scansi in particolare, segno ne è la quasi assenza dalle bancarelle dei mercati, scarsa offerta deriva da scarsa domanda, scarsa offerta fa diminuire i consumi e così via fino alla scomparsa del prodotto come è accaduto per tanti altri.
Sono convinto che sullo scarso consumo molto influisca la difficoltà e l'ignoranza della sua pulizia. Molti fruttivendoli li vendono in sacchetti già puliti però i dubbi sulla scarsa pulizia del prodotto sono legittimi e spesso fanno desistere, poi la mancanza di freschezza del prodotto, che degrada rapidamente una volta sbucciato, fa il resto. Il Fico d'India va infatti pulito pochi minuti prima di mangiarlo altrimenti produce in superficie una patina viscida ed uno strato ossidato poco piacevoli, la stessa cosa che succede all'anguria. Per entrambi questi frutti sconsiglio vivamente la bruttissima abitudine di pulirli al mattino e metterli in frigo per tenerli "belli freschi", li si trova freschi ma molto poco belli.
Ora potremmo mangiarli anche con la buccia ma è meglio sbucciarli, cosa occorre? Un tagliere o un piatto piano, un recipiente in cui mettere i frutti puliti ed uno per le bucce e, cosa fondamentale un coltello non troppo lungo e, più che altro, molto ben tagliente.
Cominciamo con un taglio verticale della punta da cui era attaccato alla pala.Questi tagli devono essere generosi, non siate tirchi, non pensate a quanto li avete pagato, ne va dell'intera riuscita dell'operazione. Per ottenere un buon risultato bisogna che la parte che resta abbia una forma quanto più prossima ad un cilindro e non a due tronchi di cono uniti per la base, ho dei dubbi ma spero di essere stato chiaro. Nel proseguo della vostra operazione vi renderete conto di quanto prezioso sia il mio suggerimento di iniziare da una punta piuttosto che dall'altra e dell'importanza della geometria dei solidi.
Segue un taglio, sempre verticale, della parte opposta dove il fico d'india presenta una specie di coroncina. Attenzione a questa parte è meglio evitare di toccarla, malgrado la pulizia, spesso qui resta annidata qualche spina. E' ovvio che bisogna evitare di far toccare il frutto alla buccia, qualche residua spina può sempre essere in agguato.Il pericolo è il mio mestiere, era il titolo di una vecchia trasmissione televisiva in cui si esibivano soggetti che esercitavano professioni pericolose, mi domando ancora come mai non c'è stato mai un pulitore di fichi d'India tra questi.
Si passa ora al taglio della sola buccia in senso longitudinale. Noterete che la buccia è costituita da una cuticola molto consistente e da una parte che sembrerebbe polpa ma che tale non è, essendo filacciosa anche se gustosa, bisogna tagliare fino alla polpa. Certamente i primi tentativi saranno esplorativi e piuttosto dedicati allo studio dell'anatomia del fico d'India che alla vera e propria pulizia dello stesso. E' fondamentale capire come è fatto per capire cosa fare per spellarlo correttamente.
Passiamo ora all'asportazione della vera e propria buccia, scostandola con la lama del coltello; non sarà necessario effettuare nessun altro taglio, basterà allontanarla con attenzione e decisione e contemporaneamente rotolare il frutto tenendo ferma la buccia con il coltello. Il frutto si staccherà completamente. Voilà ecco il frutto bello pulito da una parte e l'ostica buccia dall'altra.
Alla fine il gioco è fatto e potrete servire ai vostri cari un succoso piatto di freschi fichi d'India e non raccontatelo a chi amorevolmente, stanco/a della sua giornata lavorativa vi rivolgerà la fatidica domanda: cosa hai fatto oggi? Potrebbe dirvi: a me i Fichi d'India non è che piacciano tanto. Per i bambini, solitamente nemici delle novità, è scontato che probabilmente non vorranno neanche assaggiarli. Consolatevi pensando che è colpa vostra e di vostra suocera, non li avete acquistati abbastanza spesso.
Utilissimo questo post! Grazie mille :-)
RispondiEliminacomplimenti ottima spiegazione! grazie!!!
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