La dieta si fa contenendo le quantità non la qualità

18 agosto 2013

Genovese di Faraona

Mesi ideali per questo piatto: Tutto l'Anno


Di storie della e sulla Genovese a Napoli se ne raccontano una infinità per spiegare l'origine del nome e, cosa più importante, la "vera" ricetta, quella con tutti gli ingredienti giusti per poi generalmente confessare che "mammà però 'nc metteva chess e no chell, a nnuje accussì c' piace". 
Si va da ristoratori originari di Genova che cucinavano carne e cipolle a cui i napoletani aggiunsero i Maccheroni, a ristoratori detti genovesi per la tirchieria, dimostrata appunto dalla carne scadente e dalle cipolle, notoriamente, companatico dei poveracci. C'è anche un cuoco ginevrino, detto alla napoletana ginevrese, diventato poi genovese per assonanza. Non è neanche da scartare, e potrebbe proprio essere quella da sposare, di gente dal cognome Genovese, a Napoli ce ne sono proprio tantissimi, che facevano sto sugo strano, che piacque. Non bisogna dimenticare che l'industria della pasta è nata a Napoli, s'è diffusa anche presto a Genova, la gente comune la mangiava, eventualmente, con una aggiunta di ricotta, altro prodotto economicissimo, è in effetti un prodotto secondario ed inevitabile, della, ben più nobile, produzione di formaggio, la mangiava anche con un pochino di formaggio ovino o vacchino grattugiato, è del tutto plausibile che nei luoghi dove si bolliva la pasta ci fosse una "ricerca" di prodotti da abbinare, economici, gustosi ed originali, che attirassero la clientela più del concorrente. In tutto questo va ricordato che il pomodoro, oggi onnipresente, altro che "prezzemolo ogni minestra", sarebbe più giusto "pomodoro . . .  " a cominciare dalla nostra, è arrivato in Europa solo nel tardo 1500 e s'è dovuto aspettare oltre due secoli perché si cominciasse a mangiarlo e poi col tempo a cucinarlo per arrivare ad usarlo per far salse. La pasta in bianco alla fine stufava.
Sceglietevi la vostra versione ampress ampress, ca tnimm press a dare la ricetta, che, naturalmente presenta mille ed una variante familiare per scelta di taglio di carne, animali da cui prelevarla, età degli stessi, proponendovi manzo, vitello, maiale ed agnello. Non è da meno la scelta del tipo di cipolla rossa o dorata, mai bianca, il solo punto sul quale parrebbe che siano tutti d'accordo, c'è però da decidere sulla sua freschezza. Tra olio d'oliva, guanciale, sugna o pancetta scegliete voi e decidete pure se almeno un pochino di Conserva di Pomodoro volete metterla, credo d'aver finito con le scelte, ci sarebbe ancora la diatriba peperoncino o pepe, vi consiglio di mettere il primo in cottura, decidete se in soffrittura o brasatura, ed il secondo condendo la pasta, il vino lo mettiamo? quando? La Pasta appunto, quale?


Grossa e da forchetta, noi abbiamo scelto questi Ditaloni, precisamente Occhi di Lupo della Garofalo, che potrebbero essere degli Ziti, pasta principe di questo piatto, spezzati più e più volte o delle Candele, principesse più moderne, che hanno subito la stessa sorte.
Dove siamo stati controcorrente ed atipici è stato nella scelta della carne, avevamo per le mani una Faraona molto ben tenuta e con questa ci siamo voluti misurare, sarebbe andato alla stessa maniera un galletto ruspante con una bella carne soda attaccata all'osso. Allora gli ingredienti per quattro volenterosi partecipanti sono stati questi:

quattro etti di Occhi di Lupo - una Faraona di circa un chilo e mezzo 
un chilo o poco meno di Cipolla Rossa di Acquaviva - uno spicchio di Aglio
due Peperoncini - un ciuffo di Prezzemolo - un abbondante cucchiaio di Conserva di Pomodoro
un cucchiaio abbondante di Sugna - quanto basta di Sale grosso e fino
una spolverata di Pepe Nero - un bicchiere di Vino Bianco Secco - due o tre belle manciate di Pecorino Canestrato Pugliese

Fiammeggiato, lavato e sezionata in otto pezzi la Faraona la mettiamo a scolare, dovendola soffriggere vogliamo che s'asciughi il meglio possibile. Nel frattempo mettiamo lo strutto e l'aglio a fettina in una terrina sufficientemente capiente e la poniamo su una fiammella tenue tenue, vogliamo che la soffrittura avvenga dolcissimamente. Strutto o Sugna è presto detto, questa che stiamo usando oggi però . . . è speciale. E' la sugna in cui avevamo conservato una salsiccia particolarissima fatta in casa, a  NNugghia (cliccando andate al post relativo), questa sugna sa di affumicato, di salame, di piccante, di spezie, . . . infatti s'è sprigionato un profumo . . . .
Appena l'aglio s'è colorato abbiamo alzato la fiamma ed soffritto ben bene ogni pezzetto di Faraona. Vogliamo che la carne, la pelle, le cartilagini, gli ossi cedano lentamente i propri umori alla salsa che s'andrà formando lentamente dalla cipolla, che caramella, non vogliamo che una carne non cauterizzata bolla con l'acqua che la cipolla cederà in cottura.
Appena la carne è ben dorata, la ricopriamo con una pioggia di cipolla, affettata sottilmente e rimestiamo così da avvolgerne tutti i pezzetti ben bene. Aggiungiamo il Peperoncino, tagliato per lungo e privato di semi e filamenti, vogliamo il suo sapore non soltanto il suo piccante. Segue un po' di prezzemolo ben tritato, vogliamo il suo profumo, il suo sapore ma non i suoi sfilacci ed una presenza evidente che interferisca sull'aspetto del piatto. Intanto abbiamo stemperato in un bicchiere d'acqua riscaldata la Conserva, l'aggiungiamo subito, darà colore, sapore ed un po' di liquido in più che aiuterà nella cottura. E' una delle cose più controverse della Genovese, noi non la mettiamo sempre, lo facciamo quando non possiamo essere sicuri delle capacità della carne e questa volta si tratta pur sempre di Carni Bianche, anche per questo abbiamo messo l'aglio, che non mettiamo mai con le carni giuste, quelle rosse. 
Data la presenza della Sugna e della Conserva, già belle saporite, siamo stati attenti col sale, si può sempre correggere. A proposito di Conserva, si tratta di quella che ci prepariamo noi così.
Ora non c'è quasi più niente da fare, solo aspettare, solo una rimestatina ogni tanto. La fiamma sotto alla terrina è bassa bassa, il minimo indispensabile per una quasi impercettibile ebollizione a pentola coperta con il mestolo di legno posto a lasciare una fessurina.
Tre ore ed anche qualcosa di più potrebbero essere necessarie ad ottenere una carne stracotta per un gustosissimo secondo, servito con un pochino di salsa e patatine fritte, ed una salsa amalgamata, omogenea e corposa, che condirà in modo splendido la pasta, specialmente se ripassata in padella. Sarebbero necessarie trattandosi di carni vaccine, ben più tenaci di una carne di faraona, per questa son bastate due ore circa, anche per la cipolla d'Acquaviva quel tempo è stato sufficiente.
Un assaggio verso le due ore ci sta bene, giudicheremo così il sale ed il piccante. Per entrambi si fa in tempo ad intervenire, per il sale, come detto, ci siamo tenuti bassi, si potrebbe trattare d'aggiungere, per il piccante, abbiamo di proposito lasciato i peperoncini solo aperti, se è il caso, possiamo toglierne uno solo o entrambi. Quasi a fine cottura c'è da aggiungere un po' d'acidità e, se non l'abbiamo fatto dopo la soffrittura della carne, altra abitudine condivisibile, aggiungiamo il vino, poco per volta a fiamma alta perché evapori subito.
Noi, solitamente, concludiamo così. Facciamo bollire una abbondante pentola d'acqua. A salsa pronta, buttiamo la pasta e, quando torna l'ebollizione, saliamo. Intanto da un bel po' abbiamo tenuto una coppa capiente a mo' di coperchio sulla pentola dell'acqua perché si riscaldi, quest'operazione è quanto mai indispensabile in inverno, quando è ben calda vi mettiamo tutta la carne con un bel mestolo di salsa, questo sarà il secondo.
Distribuiamo quasi tutta la salsa di cipolle in una padella ben capiente. Non trascurate il "quasi tutta la salsa", primo perché le terrine non vanno mai lasciate, se ancora molto calde, completamente vuote, si crepano, grazie al loro prezioso, quando serve, calore residuo, secondo un pochino di salsa può servire per perfezionare i piatti di pasta. Mettiamo la padella sul fuoco e vi versiamo subito la pasta, molto ben scolata e moltissimo al dente, ve la rigiriamo ben bene ed aggiungiamo il Pepe Nero direttamente dal macinino, aiutiamo l'amalgama con una aggiunta molto parsimoniosa di acqua di cottura. La pasta si condirà alla perfezione nella salsa che s'andrà ancora più legando, grazie all'amido, e raggiungerà il giusto "al dente". Per questo si deve fare un giusto assaggio.
Ho detto assaggio, non vi fate prendere la mano. 
Giudicherete così la giusta sapidità e piccantezza, si può ancora intervenire con pepe, olio santo e sale, fino mi raccomando. Convinti d'aver raggiunto tutta la perfezione ormai possibile, spegnete i fuochi, cospargete di formaggio grattugiato, grattugiato, ho detto, significa: adoperando la grattugia, quella della nonna, non mi fate vedere strani aggeggi elettrici e men che meno cose strane che fanno riccioli, falde tipo toartufo, ecc . . . è formaggio, un agglomerato di particelle di caseina, queste particelle si devono disagglomerare non distruggere, occorre la grattugia, a grattacas. Servite in piatti fondi, che accolgano e tengano a caldo. Ogni piatto, assecondando i gusti personali, potrebbe aver bisogno di un altro pochino di salsa, formaggio e quant'altro.

6 commenti:

  1. complimenti per la ricetta, il tuo blog è molto interessante, a presto

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  2. Grazie, sai che del tuo penso lo stesso

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  3. Su blog es muy interesante con grandes recetas adoro la comida italiana y su plato de pasta se ve muy sabroso,colorido y bien hecho,gracias por su comentario,abrazos.

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  4. ti ho scoperta solo ora e devo farti i miei complimenti se ti va passa a trovarmi ciao

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